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MEMORIE ALIESI IN PROSA_10
 
na mustarda na la manica
'Na mustarda ni la manica

La casa morta risonava di parole del lessico opuntiano o allusive della spinosa questio, gridate, contro il galateo, a bocca piena; di lazzi e motti, e la nonna materna, anche lei austera e dolce, come un'opunzia, disarmava, moderava e amministrava in modo equo, ricorrendo solo di rado a lu sarmientu coi più riluttanti dei nipoti, maestra di lingua e affabulatrice: "Pi' Sant'Antoniu (era il suo santo), 13 giugno, si scuòzzulanu li ficurini, pi' San Giovanni, 26 giugno, ci cari la grazia a li vavalucieddi... Quando l'estate, al culmine dell'età, dava segni di malessere, e l'autunno, un po' becchino, la sbirciava con intento. la nonna, la zia, una vicina di casa, un'ospite palermitana, cominciavano a mondare una buona partita di fichidindia, che mettevano a cuocere ni la quarara granai, bistrattandoli con una robusta paletta di legno.

A un certo punto si levava la poltiglia dal fuoco vivo di la furnacella e, dopo averla passata al setaccio, vi si rimetteva, continuando la cottura, arriminannu e aggiungendo, man mano, della farina, a sfilucchiari, uso pitirri, finchè non avesse acquistato la densità di lu pitirri... Allora si toglieva definitivamente, dal fuoco e si versava sul marmo, dove si poteva modellare a piacimento, a freddo, incidendo col coltello secondo le regole della geometria solida, o riempiendone, a caldo, formette, che davano questa o quella figura alle mostarde.

I piccoli solidi e le creaturine così ricavati dalla materia informe, diversi tra loro, ma tutti dello stesso spessore, si disponevano sulle tavole di l'astratto per l'asciugatura al sole, che dava loro un'accresciuta consistenza gommosa, la dolcezza dei sapori autunnali, il colore e la trasparenza dell'onice. Intanto, na lu stipu, dintra li burnii, le ricordo ancora le mostarde, mentre si velavano di zucchero, come nevischio sui personaggi del presepe, qualcuna somigliante a lu Bamminieddu 'ni la culla, e mi dicevano che il Natale era vicino...

Una mostarda, poi, poteva essere la posta per un ambo alla tombola tra vicini di casa, la sira di la Vecchia e..., al mattino, te la potevi ritrovare, in forma di Gesù Bambino, 'ni la manica, rigonfia e legata, come sacco, del tuo cappottino rosso, bene in vista dinanzi al tuo lettino, quando avresti riaperto gli occhi, sgranandoli, che la Vecchia Strina, colà, aveva sistemato, a guisa di spaventapasseri, per tenere lontano dai sogni di fanciullo un po' spaurito il volo breve di un barbagianni, dal piumaggío morbido, come gomitolo di lana Angora, o quello, a zig zag, di un pipistrello, dalle ali nude e fredde; che, irragionevolmente e accidentalmente, addirittura, s'mpiglia nni la cuttunina…”Taddarita, vieni cca, ca ti dugnu a to' papà; to' papà è all'Acqualonga; tira, tira, ca t'allonga…”


Didacus
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pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia “LA VOCE” nr. 4/95, pag.3




 
     
Edizione RodAlia - 21/02/2014
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