"lu
zzì Giurlannu"
.. in Piccola “recherche” aliese
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Dopolavoro e
dintorni
“Maggiu vacci
adagiu...”, “giugnu giugniettu, tuttu jettu”, “austu, riustu, capu di
'miernu...”
Trascorrevamo il tempo tra scuola, casa, chiesa e dopolavoro, dove lu
zì Giurlannu lasciava, per un momento..., una Siemens per darci un
cono-gelato da 20 o da 30, secondo le risorse delle tue tasche rigonfie
di caddarizzi e rumariddina, per quanto giovane ancor fosse, aveva già
un suo praeteritum tempus da raccontare, seguendo una logica
consistente nel riportare alla luce dal fondo della sua memoria, cuòmu
un quatu, c'un cruòccu di 'na lu funnu di 'na sterna, un ricordo,
grazie ad una sensazione, in atto, che glielo richiamasse per
somiglianza e per contrasto, e da questo fondo di pozzo, da piccolo
Proust locale, traeva un mondo così variegato e avvincente che, se
avevi ed hai la buona creanza, che, poi si trasforma in godimento
estetico, di ascoltarlo, nulla da invidiare ai 7 tomi della “Recherche”...
E questo, in fondo, è rimasto il suo metodo: dal gusto freddo e dolce
del gelato si poteva andare a finire, per esempio, alla rievocazione di
li niveri di la Muntagna, di cui, grazie alla sua affabulazione, fatta
di ritmi, lunghi silenzi, e veementi riprese, prodigate dal movimento
della mano come per girare una manovella, per mettere in moto una
macchina d'epoca o come di chi conosce, tra le tante arti, anche quella
della mammàna, faceva e fa rivivere la temperie, attraverso flashback,
lunghi 50 anni, almeno: “Brèbrìtèbrè,
brèbrìtèbrè -” Virìti ca dumàni s' ànn 'a jri a jnchiri li niveri di la
Muntagna... Si
ci sù picciuotti, massàri e schiffarati... c'è d'arrizzulàri,
'mpagghiàri e ammataffàri...”
Si poteva procedere, per esempio, per contrasto : dall'afa di una
giornata estiva si andava a paràri a la furtùra di certe giornate
invernali, 'ni 'da purtedda di tramuntàna e di cifalutàna ca è lu
cuòzzu di la chiazza... e di lì si andava al rigore o al tepore di
certi jòviri di cummàri, jòviri grassu, martedì di lu picuràru, e
cuòmu, 'na vota, a la nisciùta d'un suònu, si trovò l'uscio sbarrato da
'na 'mposta di manni di sarmenta e, 'n' autra vota, letteralmente
murato da una abbondante e silenziosa nevicata...
Allora il racconto di lu zì Giurlannu, dipanando l'intricata matassa
della memoria, rievocava una sequenza non del tutto felice di siràti di
Carnilivàri di un periodo non ben definito, ma già lontano, di guerra o
di subbugli: “Brèbrìtèbrè,
brèbrìtèbrè... “Attenziòni, attenziòni... Virìti 'ca stasira c'è lu
coprifuocu...e 'un puònnu circolàri ammonìti e mascarati...” .
Così trascorrevano gli anni ormai lontani, seppur vivi nella memoria,
del primo decennio del secondo dopoguerra, quando già cresciuti
maschietti e femminucce, che avevano sfilato nel regime come figli
della lupa e piccole italiane, dai lunghi capelli lisci e corvini,
biondi e riccioluti, cincischianti sulle spalle nella fattispecie di
bùcoli, cuòmu cavatièddi, per i quali lo spartano governo chiudeva
tutti e due gli occhi in grazia della loro tenera età (quale
condiscendenza le dittature non mostrano per i bambini in divisa !),
marciarono per la rinata fiamma, fino a quando non furono lusingati e
distratti da una bandiera dal colore più vivo, chè la prima portava
jella, e dai solfeggi e vocalizzi sullo spartito di “Giovinezza”
passarono a marciare sul tempo di “Se
non oggi, sarà domani...”
Didacus
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pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia "LA
VOCE" nr.3/95, pag. 3