"Non che lei fosse
giovane, ma
aveva uno spirito
giovanile, allegro e, soprattutto non ci costringeva a rimanere per ore
seduti, silenziosi, mummificati. La chiamavamo «zia», ma non eravamo
parenti; del resto in paese per tutti era la «zia». Era un personaggio
popolare e assai benvoluto. Era vedova di guerra, ma lei non si
considerava tale perchè viveva sempre con la speranza che da un giorno
all' altro avrebbe fatto ritorno il marito, dato per disperso nella
guerra 1915-1918. Era talmente convinta che tale evento si sarebbe
verificato, che trascorse tutta la sua vita, giorno dietro giorno,
nell' attesa del marito. La guerra era finita da molti anni e lo Stato
lo considerava morto a tutti gli effetti, tanto che aveva riconosciuto
alla vedova il diritto alla pensione.
La «zia» Vastiana viveva con tre figli, Giuseppina, Gioacchino e Tanu.
Era una donna piuttosto stramba e alquanto stravagante, ma d'animo
buono e generoso; era una estemporanea della vita.
Erano tempi magri quelli, anzi direi di stenti, ma la «gnira» Vastiana
non subì mai la delusione della vera miseria: avanzava tra difficoltà
,
ma avanzava con una intraprendenza che rasentava la sfacciataggine. Se
non aveva soldi (ed era un caso non raro) per fare la spesa, riusciva
lo stesso a tornare a casa con le braccia cariche di cibarie. Come
faceva? Si indebitava, impegnandosi a pagare appena avesse ricevuto la
pensione, che diamine! E si badi che si trattava di una pensione
miserrima, perchè si sa che lo Stato valuta assai bene i suoi sudditi
quando li arruola per fare la guerra, ma assai poco quando essi hanno
la sventura di lasciarci le penne.
Dicevo, era così misera quella pensione che non riusciva a coprire i
debiti che andava facendo in attesa di riscuoterla. E tuttavia lei
sapeva girare e rigirare la sua lingua che diventava persuasiva,
riuscendo a trovare fiducia da mastru Totò «u capusquadra». Questo
nomignolo era dovuto al fatto che egli era stato molti anni in America
dove, pare, avesse comandato una squadra di operai in una azienda.
Egli, ritornato dall'America, aveva messo in opera una bella bottega di
generi alimentari, con criteri moderni per quei tempi.
La bottega si trovava nel quartiere di S. Anna e la «gnira» Vastiana
era una cliente affezionata e acquistava tutto da mastru Totò meno la
pasta, sebbene fosse la rinomata pasta di Termini Imerese.
Ma lei preferiva quella di Billina, una famiglia di artigiani la cui
bottega si trovava «supra lu bastiuni» in cima alla strada delle
carceri. «Li ziti e li cavatuna» erano i preferiti, i «maccarruni» li
faceva in casa lei. L'unico neo di Billina era che non le concedeva
credito per più di dieci chili di pasta. Ma la «gnira» Vastiana
riusciva a sciorinare tante di quelle garanzie da vincere il diffidente
Billina.
Qualche volta a favore dei suoi argomenti faceva intervenire mastru
Luciu, il postino, perchè offrisse le sue garanzie, come qualmente alla
posta erano in attesa dell' arrivo della sua pensione.
Insomma, la gnira Vastiana non fece mai mancare il necessario alla sua
famiglia: la miseria, gli stenti non la piegarono mai; fu sempre
all'altezza della situazione. E se vi capitava di passare davanti alla
sua casa, la «gnira» Vastiana si affacciava, vi salutava con la sua
voce squillante e non potevate fare a meno di fermarvi a fare due
chiacchiere che, manco a dirlo, avevano per argomento sempre l'agognato
ritorno del marito. E intanto, tra un discorso e l'altro, finiva per
invitarvi a stare a pranzo o a cena, anche quando non sapeva lei stessa
cosa avrebbe messo in tavola. Era una donna generosa e ottimista.
Era tanta la sua speranza nel ritorno del marito che qualche volta si
inventava di avere ricevuto lettere, telegrammi dal governo che le
annunciavano il ritorno da lì a poco del marito. Un giorno uscì di
casa, urlando che il marito era stato visto al «marcato» con una
valigia sulle spalle. Corse con lo scialle in testa, alla volta del
«marcato», all'estremità del paese, seguita da tanta gente che in buona
misura non ci credeva, ma la seguiva lo stesso facendo finta di
crederci.
Ma la «gnira» Vastiana anche quel giorno, come già altre volte, tornò
indietro sconsolata, amareggiata, ma non doma. Prima o poi, confidava,
sarebbe arrivato quel suo marito dal Piave dove, in verità , aveva
lasciato la vita per la Patria. Ma se ne sarà accorto che moriva per la
Patria? Non lo sapremo mai!
«Gnira» Vastiana, visse e fece vivere tutto il paese sempre nell'attesa
del marito, e questa certezza fu la sua consolazione. E si sa che la
consolazione è un po' come una seconda vita."
Liborio Guccione ___________________________ pubblicato
in "Giorni vissuti come fossero anni"