"C'è un episodio che mi si
affaccia alla mente a proposito delle
violenze che venivano esercitate all'interno della famiglia in quei
lontani tempi. Ho accennato in un capitolo precedente, ma vi ho fatto
ricorso incidentalmente, a un personaggio: Ninu "«u curdaru"». Ne parlo
perchè il caso è assai emblematico: al tempo quelle vicende sollevarono
molto scalpore e trovarono la partecipazione corale degli aliesi. Ninu
"«u curdaru», lo abbiamo visto nella sua bottega, vicino «a la
brivatura», tirare le corde per confezionare i «rutuna», tingere
incerate, lo abbiamo visto fare selle, «vardeddi» e «sidduna» e mille
altri attrezzi utili ai contadini. I suoi lavori erano da tutti
apprezzati, per l'ingegnosità , la fantasia; ma Ninu era anche
benvoluto dalla gente per il suo carattere gioviale, perchè era
socievole, era uno spirito allegro, burlone perfino. Abile
commerciante, ci sapeva fare e la sua era una bottega di tutto
rispetto. Nino si vedeva bene che era nato per il commercio: furbo,
scaltro, ma anche intelligente. Viveva con la madre, donna
Crucifissa, e due sorelle, Rosina e Pina, e dopo la morte del padre
egli era divenuto il capo famiglia. Un giorno egli decise di prender
moglie e, naturalmente, di portarla a vivere (come capitava spesso, del
resto, in quei tempi) in casa della madre; una pia donna, ma severa e,
soprattutto, con un forte spirito di comando che non cedeva a nessuno.
Niente di male a portare la propria moglie a vivere in casa con la
madre e le sorelle: una consuetudine, specie quando in famiglia c'era
un solo uomo; ma spesso era anche una necessità economica. Ed era
accettata ormai da qualsiasi sposa la totale e indiscussa obbedienza
alla madre dello sposo: si sapeva che a comandare era sempre la
suocera, l'ultima parola spettava alla «grande mère». Non si era ribellata mai
nessuna: le spose subivano, masticavano amaro,
magari, ma erano sempre remissive, per amore di pace e del marito. Ma
donna Crucifissa era soverchiosa nella sua autorità ; non le bastava il
potere, l'obbedienza: voleva la sottomissione, l'umiliazione
dell'altrui personalità . E la moglie di Ninu sopportò l'autorità della
suocera, sino alla rinuncia di se stessa. Ma c'erano anche le sorelle
del marito che volevano la loro porzione di autorità . Poi nacque un figlio e la
giovane sposa sperò che la venuta al mondo di
quella creatura potesse restituirle quel valore di persona che le era
stato negato sino allora. Ma la suocera volle esercitare autorità anche
su quella creatura, negando l'autentica funzione alla madre. Ebbene, se
la sposa aveva taciuto sempre per amore del marito e del quieto vivere,
la madre si rifiutava di rinunciare alla sua prerogativa voluta dalla
natura. Nacquero le prime liti che man mano, ogni giorno di più
diventarono irrefrenabili, e già le voci si sentivano da fuori, dalla
strada quando litigavano, e la gente ormai aveva capito che in quella
casa di Ninu c'era l'inferno e che persino i rapporti tra marito e
moglie erano cambiati, non erano più zucchero e miele. E poi - come ho
già detto - l'autorità di donna Crucifissa veniva esercitata su tutti,
compreso il figlio. Questi, nelle divergenze tra la
moglie e la madre, dopo vari tentativi
di frenare le rimostranze della moglie, dopo averle raccomandato
prudenza, comprensione, sottomissione, alla fine si schierò a favore
della madre, dando apertamente torto alla moglie che in tal modo venne
a trovarsi isolata, emarginata. La vita a quel punto divenne
impossibile per la giovane sposa alla quale a poco a poco fu tolto ogni
contatto con il figlio. Alle aperte scenate divenute ormai quotidiane e
di dominio pubblico, si giunse poi alla decisione della sposa di
abbandonare la casa del marito. Fuggì
portandosi il figlio. E questo inasprì vieppiù la già grave situazione.
Non mancarono, naturalmente, interventi di pacificatori, anche
autorevoli, ma ogni tentativo di pacificazione fu inutile; soprattutto
perchè la vecchia donna Crocifissa si rivelò irremovibile. Ma il
problema grosso era quella innocente creatura, nata dall' amore e
mortificata dall' egoismo di una vecchia prepotente. Ci furono scenate
che commossero l'intero popolo di Lalia, quando con raggiri fu
sottratto il figlio alla madre, e ci furono liti e sofferenze che
fecero male a tutti; ma soprattutto misero a nudo le debolezze di Nino
che non seppe o non volle trovare il giusto metodo per salvare la
tranquillità sua e della sua vera famiglia. La lite si trasferì poi in
Tribunale e durò non so quanto tempo: la
giustizia riconobbe le ragioni della madre. Donna Crocifissa fu
sconfitta, ma il vero sconfitto fu Nino che, dopotutto voleva bene a
sua moglie e, naturalmente a suo figlio e per i quali certamente aveva
sofferto e soffriva. Trascorsero molti anni nel
disperato isolamento di Nino, da un lato, e
della moglie e del figlio dall' altro. Ninu, dopo la morte della madre,
cessò 1'attività di «curdaru» e si trasferì a Palermo con le sue
sorelle, dando inizio ad una nuova attività commerciale. Dopo molti
anni, che ormai il figlio era diventato un giovanotto, Nino sentì il
bisogno di riconciliarsi con la moglie e di riappropriarsi dell' amore
del figlio. Forse egli si rese conto che non era più recuperabile ciò
che aveva perduto in tutti quegli anni, che l'ingiustizia fatta patire
alla moglie e al figlio era insanabile, ma non volle morire con la pena
nel cuore. La vita ha anche di queste
pendenze, ha anche di queste pieghe amare
che spesso disarmano la coscienza dell'uomo, annullandone la forza
morale e civile, disperdendone i valori e mortificandone lo spirito;
qualche volta irrimediabilmente. Sì è vero, è difficile essere giusti
in questa vita, ma non ne abbiamo altra che ci consenta di confrontarci
con la nostra disponibilità a vivere nel giusto, non possiamo
incaricare
nessuno che al posto nostro viva per noi nel giusto. Ed è qui, in
questa vita che dobbiamo dimostrare la nostra disponibilità . E
dobbiamo cercare dentro di noi, nella nostra coscienza, avendo sempre
presente che la migliore maniera di meritare giustizia per se stessi è
quella di rendere giustizia agli altri.
In definitiva il valore della vita è dato dall'uso che ne facciamo."
Liborio Guccione ___________________________ pubblicato
in "Giorni vissuti come fossero anni"