Risponde alla domanda uno di loro, Mario Macaluso.
Italo-americani siamo tutti coloro che, nati in Italia, abitiamo negli Stati Uniti come residenti legali o cittadini americani. Italo-americani siamo anche classificati tutti coloro che siamo nati in America da genitori italiani o da famiglie di antenati italiani. In America ci sono oggi circa 23 milioni di Italo-americani sparsi in tutti i cinquanta stati degli Stati Uniti: dall’Alaska alle isole Hawaii. Una volta, agli inizi del XX° secolo, avevamo paura e anche vergogna di essere riconosciuti come Italo-americani.
Erano tempi difficili quegli anni che abbiamo dovuto attraversare come un penoso rito di passaggio: anni di grave pregiudizio etnico, discriminazione e sfrontata xenofobia. Irlandesi, Anglossassoni e Tedeschi odiavano e disprezzavano i nuovi arrivati italiani provenienti dalla campagna o da remoti villaggi del Sud i quali, spesso poveri e analfabeti, venivano a trapiantarsi vicino al loro territorio o nel loro stesso quartiere.Senza conoscenza della lingua inglese e senza forza economica e politica, i primi immigrati furono discriminati e forzati a cercare impiego in situazioni molto umili e in lavori faticosi: lavori in fabbrica, in edilizia, nelle miniere e in attivita’ agricole.
Oggi, noi Italo-americani, non occupiamo piu’ il piu’ basso scalino sociale, linguistico, culturale e politico come al principio del XX° secolo. Negli ultimi cento anni ci siamo fatti strada, esibendo con grande orgoglio la nostra intelligenza, ingegnosita’, laboriosita’ ed etica del lavoro. Oggi, figli di seconda e terza generazione, siamo in possesso della lingua inglese, e con le nostre lauree universitarie e la forza economica e politica che abbiamo acquistato durante questo tempo passato siamo finalmente riusciti a farci apprezzare per il potere che esercitiamo nel mondo del lavoro, della politica, della cultura e delle arti.
A facilitare questo nostro progresso negli ultimi trent’anni, ritengo che sia necessario ricordare un fattore sociologico rilevante: quello di una nuova filosofia etnica, qui in America, che continua anche oggi, ad affermarsi nelle scuole, nel cinema e nella TV. Invece di vergognarsi della propria etnìa, bisogna invece esserne orgogliosi, sfoggiando le proprie origini e celebrando il proprio retaggio culturale.Questa audace visione sociale era inesistente al tempo della prima immigrazione italiana in America.
A quei tempi, (parlo del primo ’900) gli immigrati dovevano invece nascondere la propria identita’ italiana e fondersi a qualunque costo nello stesso crogiolo linguistico e culturale del paese, dovendo cambiare persino il loro cognome perche’ apparisse il piu’ anglosassone possibile.Quanto a me, sono stato piu’ fortunato come immigrato italiano. Infatti non ho dovuto ne’ cambiare il mio nome, ne’ nascondere le mie origini. A 18 anni, nel 1958, sono arrivato in America con la mia famiglia e, usufruendo del progresso raggiunto dai primi Italo- americani, sono riuscito a conseguire, col mio sudore e con molti sacrifici e grande disciplina, varie lauree e infine il dottorato in letteratura francese.
Un grande successo tutto questo quando si considera che sono un immigrato, venuto dalla
Sicilia insieme a mio papa’ che era analfabeta e la mamma che aveva completato solamente la quarta elementare!Condivido questa mia esperienza non per vantarmi, ma con grande umilta’e senza alcuna superbia o alterigia e come omaggio di gratitudine a tutti gli emigranti che mi resero piu’ facile il cammino verso l’American Dream.
Con quattro lauree alle mie spalle, di cui una per qualificarmi come dirigente scolastico, ho fatto il professore di lingue classiche e straniere al liceo per quasi 30 anni, e per dieci di questi ho ricoperto la carica di preside della Facolta’ di Lingue Straniere. Durante la mia lunga carriera sono stato anche insegnante di corsi universitari e negli ultimi anni, prima di ritirarmi a tempo pieno, sono stato invitato a coprire la carica di Direttore di Tirocinio e Pedagogia per i laureandi in lingue straniere all’Universita’ Statale di Stony Brook a Long Island.
Gli Stati Uniti sono la terra dove ogni immigrato, specialmente al presente, ha la possibilita’ di raggiungere il suo ideale e dove il limite del successo personale si ferma solamente quando l’individuo arriva a toccare la volta del cielo. E’ l’American Dream. E’ il “Sogno Americano” di tutti gli immigrati.
E’ stato il mio, e con grande successo. Oggigiorno noi Italo-americani occupiamo posti di grande importanza nel campo politico, sociale, economico e culturale degli Stati Uniti. Parliamo inglese, comprendiamo il modello democratico della Costituzione Americana, ed economicamente siamo diventati forti abbastanza per farci sentire in ogni aspetto della vita americana.In passato gli Italo-americani vivevano fra di loro in quartieri popolari delle varie citta’ americane i quali venivano chiamati Little Italy (Piccola Italia). Oggi, con tutto il progresso che abbiamo raggiunto, la seconda e terza generazione ha lasciato il nido di sicurezza del vecchio quartiere, capace di allontanarsi in sobborghi piu’ prestigiosi alla conquista dell’American Dream.
Qui a New York, ci sono ancora varie zone della citta’ che sono conosciute come quartieri italo-americani. Infatti c’e’ chi, per scelta, continua ancora oggi ad abitare in questi quartieri dove vissero i loro genitori e i loro nonni. Qui ci stanno bene, sicuri fra di loro e protetti da un mondo tecnico che cambia rapidamente sotto i loro occhi. Nel loro quartiere trovano un po’ della vecchia e nuova Italia: negozi, cibo, il made in Italy a portata di mano e festivals annuali che li fanno sognare al passato e alle loro tradizioni popolari.
E’ esattamente in questi quartieri che si sentono parlare ancora oggi i dialetti del mezzogiorno, sopratutto il siciliano. Mi diceva il mio stimatissimo amico, Eugenio Guccione, professore di Scienze Politiche all’Universita’ di Palermo, che se la lingua siciliana continuera’ a sopravvivere per molti anni ancora, sara’ dovuto piu’ agli Italo-americani dei quartieri di New York, del Sud America, dell’Australia e cosi’ via, che ai Siciliani in Sicilia dove infatti la lingua comincia inesorabilmente a scomparire.I quartieri italiani di New York si trovano a Brooklyn, specialmente nelle zone di Ridgewood, Howard Beach e Bensonhurst, in alcune zone del Bronx e del Queens, e un po’ piu’ sparpargliati in varie localita’ di Long Island, l’isola dove abito da trentotto anni, e che conta piu’ del 25% di Italoamericani su una popolazione di 3 milioni d’abitanti.Ma dove sono situati esattamente questi luoghi dove abitano gli Italo-americani ?Per il lettore che non conosce la geografia locale, desidero spiegare che New York conta circa dieci milioni di abitanti.
Si tratta di una megalopoli composta di cinque citta’ grandissime, chiamate Boroughs (pronunzia: boros), ma che insieme formano la Greater New York, affezionatamente chiamata la Big Apple (la Grande Mela). Infatti New York, come megalopoli, e’ una “Mela” che nutre un microcosmo dell’umanita’.Queste cinque citta’ che formano la Greater New York sono: Brooklyn, Staten Island, Queens, Bronx, e Manhattan. Quest’ultima e’ il cuore della citta’, ed e’ famosa per i suoi grattacieli.
Gli Italo-americani vivono in tutti i cinque Boroughs.
A Manhattan, per esempio, esisteva una volta una fiorente comunita’ italiana in un quartiere che e’ tuttora chiamato Little Italy. Oggi rimane pochissimo di questo quartiere: alcune strade, pochi ristoranti e piccoli negozi di alimentari. La leggendaria Little Italy e’ stata abbandonata dai nouveaux riches Italo-americani che sono emigrati nei sobborghi, lasciando posto ai Cinesi che ne hanno fatto adesso la loro dimora: China Town (Citta’ dei Cinesi). Un gruppo etnico si sposta, e un altro ne occupa il posto. Questo e’ il ritmo della metamorfosi demografica della megalopoli che noi chiamamo New York City.
Al presente, la piu’ grossa ondata d’immigrati stranieri, legali e illegali, e’ quella dei paesi di lingua spagnola, specialmente coloro che provengono dal Messico, e quella che arriva dai paesi asiatici. Adesso sono questi immigrati che, al principio del XXI° secolo, sono destinati a fare i lavori piu’ umili e pesanti. Tocca agli ultimi arrivati occupare lo scalino economico e sociale piu’ basso degli Stati Uniti.
E’ il rito di passaggio in questo Paese.
Nella cartina, i 5 Boroughs di New York: 1: Manhattan / 2: Brooklyn / 3: Queens / 4: Bronx / 5: Staten Island