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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 21/05
a cura di Don G. Silvestri
 

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IL VANGELO DELLA DOMENICA – 21 MAGGIO


ASCENSIONE DEL SIGNORE, MATTEO 28,16-20

 

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


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Sono quaranta giorni da quel ‘primo giorno della settimana’ che vide spalancato l’ingresso della tomba di Gesù. Gesù appare tante volte ai discepoli; eppure il dubbio fa sempre breccia nel loro cuore. Stupiti ogni volta al suo apparire, puntualmente essi mostrano la debolezza e la fragilità del loro credere. Ciò perché non hanno ancora ricevuto lo Spirito di verità secondo la promessa fatta da Gesù.

 

Quando lo riceveranno saranno finalmente liberi da paure e incertezze e sfideranno ogni rischio e pericolo, e per testimoniare dinanzi a tutti la Risurrezione di Gesù e annunziare il suo liberante messaggio evangelico metteranno a repentaglio anche la loro vita.

 

Sarà l’Ascensione del Signore la condizione per l’invio dello Spirito: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. (14,16-18).

 

Tuttavia, anche l’Ascensione sarà ancora una dura prova per i discepoli. S’erano già acclimatati ad una presenza, seppure alternante, del Signore. Erano tornati a rivederlo spesso e anche a mangiare con Lui. Ora sono invece chiamati a digerire la prova della separazione definitiva. Cristo promette, si, il suo ritorno alla fine del tempo, ma il distacco sarà doloroso.

 

È importante rilevare che Gesù presenta la sua Ascensione al Padre come necessaria. Infatti, la discesa dello Spirito ricompenserà grandemente la loro sofferenza; sarà anzi l’evento ineffabile che instaurerà la definitiva presenza di Dio stesso nel cuore dell’uomo. “Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi” dice il Signore (14, 18). Nel dono dello Spirito è perciò Lui stesso che ritorna anche se sottratto alla nostra vita corporale, e con Lui viene anche il Padre, e insieme prenderanno per sempre dimora nel cuore dell’uomo.

 

L’ascensione diventa quindi momento culminante, decisivo, per l’intera storia umana. Infatti, con la discesa dello Spirito e il definitivo insediarsi di Dio nella nostra vita, ha inizio una storia nuova che ci vedrà tutti protagonisti della esaltante missione di Gesù: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”.

 

L’Ascensione non è perciò il giorno triste per la separazione di Cristo, ma il giorno in cui guardare alla dilatazione dell’evangelizzazione nel mondo intero, il giorno di inizio di una missione liberatrice, destinata a tutte le genti e a tutti i popoli. Giorno nel quale non restare fissi con gli occhi al cielo, ma piuttosto momento per rimboccarsi le maniche per la realizzazione del regno di Dio.

 

Impegnarsi per il regno di Dio è impegno esaltante. Indubbiamente il più esaltante per l’uomo. Questo impegno è affidato anche a noi. Il Regno di Dio è, infatti, annuncio di gioia ai poveri e agli ultimi della terra; annuncio di liberazione per coloro che vivono nella schiavitù e nell’oppressione; annuncio di sollievo e di solidarietà per quanti soffrono per la malvagità altrui; annuncio di giustizia per quanti sono privi di dignità e di diritti e per quanti vengono ingiustamente discriminati ed emarginati dalla società; annuncio di vita a quanti sono vittime innocenti di violenza omicida, di guerre, di regimi dispotici e totalitari. È un annunzio gioioso, di riconciliazione e di pace, rivoluzionario e liberante per l’umanità intera.

 

Dopo duemila anni tale annunzio è urgente più che mai. Un annunzio ancora atteso da milioni e milioni di uomini e donne nel mondo; atteso da coloro che hanno il cuore a pezzi, sospirato dagli sfiduciati, dai disperati, dagli ultimi della terra. È un annunzio, quello del regno di Dio, che scardina dalle fondamenta tutte le strutture umane ingiuste; e che mette in questione anche le nostre società cosiddette civili; che mette in luce le ipocrisie sulle quale sono costruite e crescono le nostre istituzioni, sociali, politiche, economiche e anche religiose ed ecclesiali.

 

Un annunzio che porta alla luce del giorno la violenza nascosta nei meandri delle leggi e nel labirinto della burocrazia che favorisce i potenti, i ricchi, i privilegiati a discapito degli indifesi e dei deboli della società. Il vangelo, infine, è anche proposta liberante per quanti, imprigionati da disumane ideologie o da illusorie utopie, teorizzano spesso un futuro dell’uomo basato solo sul progresso materiale ed economico, sul dominio della tecnocrazia scientifica, sul traguardo di transumanesimo che annulla la libera scelta dell’uomo, la sua dignità personale, la sua dimensione affettiva, la sua creatività, la sua fantasia.

 

Alcuni hanno stoltamente pensato che la missione di Cristo allontani e alieni dalla vita concreta e che essa sia solo un’utopia per ingenui, illusi e ignoranti. Meglio – pensano e dicono! - il cinismo della concretezza e del realismo. Per parte mia, continuo a credere che niente può riaccendere le speranze degli uomini e le loro aspirazioni profonde come l’annunzio del Vangelo; nulla può umanizzare l’uomo come l’annunzio delle beatitudini di Cristo.

 

Medicina contro ogni disumanità e contro ogni ipocrisia, il vangelo promuove l’autonomia e la libertà dell’uomo, esalta l’uguaglianza e la fraternità, favorisce la crescita personale di tutti e di ognuno, magnifica l’incomparabile dignità della coscienza personale. Il fine del Regno di Dio insomma è il pieno riscatto dell’uomo come uomo. Nient’altro che questo! L’uomo è vera gloria del Dio vivente.

 

 
     
Edizione RodAlia - 20/05/2023
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