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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 11/06
a cura di Don G. Silvestri
 

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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 11 GIUNGO


SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI - GIOVANNI 6,51-58

 

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


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Il vangelo di questa domenica è la parte finale del discorso ‘eucaristico’ tenuto nella sinagoga di Cafarnao (cap. VI di Giovanni). Un discorso che vede crescere e acuirsi al massimo il contrasto tra Gesù e i giudei, sempre più ostili e restii a credere in Lui e ad accogliere il suo messaggio. Un discorso che vede crescere anche nella stessa cerchia più ristretta dei discepoli di Gesù la difficoltà a intendere pienamente l’esigente parola di Gesù; alcuni di essi, infatti, cominciarono a tirarsi indietro e a non andare più con lui. Il momento è talmente drammatico da contagiare in certo modo anche i dodici. Ad essi, infatti, il Signore porrà un perentorio ‘aut-aut’: “Volete andarvene anche voi?”. La generosa e pronta risposta di Pietro (“Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”) riporterà subito il sereno tra di loro. Ma quanta sofferenza per il Signore!

 

In verità, nella sinagoga di Cafarnao Gesù pone a tutti, ai discepoli, alle folle, ai giudei – e anche a noi oggi! - una scelta radicale. Le parole di Gesù, di colpo, lasciano tutti attoniti e perplessi; hanno l’effetto di catapultare tutti davanti a una verità, sconvolgente e inaudita: «Io – dice Gesù - sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Restano tutti costernati. Con la metafora del ‘pane disceso dal cielo’ Gesù intende proclamare la centralità della sua persona per la vita e la salvezza dell’uomo, per me e per te. Come infatti il pane è essenziale alla vita e alla sopravvivenza dell’uomo, così Cristo afferma di essere Lui stesso il pane, il cibo essenziale per la vita e la sopravvivenza dell’uomo.

 

Parole incredibili, scandalose, soprattutto per le orecchie di coloro che pensavano di trovarsi solo dinanzi ad un uomo o a un profeta fra i tanti. Confusi e interdetti, infatti, i giudei cominciano a discutere animatamente tra loro e a interrogarsi: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” Stupido e forse sarcastico interrogativo! In realtà, essi avevano ben capito le parole di Gesù, eccome. Fingono di non intendere, in realtà essi comprendono bene; perciò sono molto allarmati e irritati per quella pretesa, a loro dire empia ed inaudita! Discepoli di Mosè, fedeli osservatori di una legge che nel tempo essi avevano alterato e stravolto, non possono tollerare la parola di un uomo che non solo si ritiene più grande di Mosè ma proclama addirittura di essere il “pane disceso dal cielo” cioè il cibo essenziale alla vita dell’uomo, Figlio di Dio e Salvatore unico del mondo.

 

È uno scandalo destinato a crescere e ad alimentare l’invidia, l’astio e il livore dei Giudei. Gesù infatti aggiungerà: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. Parole blasfeme e sempre più allarmanti per i Giudei; Gesù infatti proclama di essere Lui stesso la vita. Accogliere lui è avere la vita, rifiutare Lui è rinunziare a vivere. Non si tratta ovviamente solo della vita naturale o biologica, ma della vita in senso pieno, della ‘vita vera’, pienamente significativa. Senza di Lui, vero e unico nutrimento, la vita è priva di ogni senso e valore, priva di finalità e di significato. Insomma, proponendosi come cibo vero ed essenziale dell’uomo, unico senso della vita umana, Gesù getta nello scompiglio i giudei. Essi trovano non solo eccessiva e arrogante la pretesa di Gesù, ma frutto di perversione diabolica e meritevole di morte. Una vera e imperdonabile bestemmia. Perciò non vedranno l’ora di innalzarlo sulla croce come bestemmiatore e traditore delle fede ebraica. Qui, però, siamo tutti chiamati in causa.

 

Sono chiamati in causa quelli che, nella modernità, gelosissimi della loro intelligenza e della loro autonomia personale, vedono spesso in Cristo un intruso nella loro vita. Tra di essi, certo, molti - anche atei e miscredenti - apprezzano tutt’al più la vita di Cristo, ma vedono nella sua proposta solo un ideale utopistico, sebbene ostico per la loro ragione; e comunque vedono nel vangelo un messaggio ininfluente nella loro vita quotidiana. Non hanno compreso, a mio parere, il senso della proposta unica e liberante del vangelo, nient’affatto limitativa della vita umana e neppure oppositiva alla ragione, tanto meno alla dignità o alla libertà dell’uomo.

 

In questione ci sono poi i veri e propri nemici di Cristo e del vangelo; quelli che consapevolmente si oppongono al messaggio luminoso e liberante di Cristo. Godono del male presente nella società, guazzano nella violenza e nella malvagità, speculano sulle disgrazie altrui, se ne ridono dei poveri e degli ultimi. Odiano la luce. Odiano la verità. Odiano la giustizia. Loro dimora sono le tenebre. Di certo non sanno che farsene di Cristo ‘cibo’ dell’uomo e, volutamente, odiano il messaggio del vangelo, tranne all’occorrenza sfruttarlo con cinismo e inganno, per vili interessi o convenienza o potere.

 

Oggi, infine, siamo chiamati in causa anche noi cristiani; cristiani spesso a parole e appena legati al fragile filo di una insignificante pratica religiosa. Non sappiamo più cosa significa parlare e vivere di Cristo ‘cibo essenziale’, ‘pane di vita’. Infatti, la nostra vita non è mai essenzialmente toccata da Cristo e il vangelo ci è cibo indigesto. Della nostra fede in Cristo spesso resta solo una pratica esteriore o del tutto estranea all’esistenza. Un crocifissino al petto forse e il santino in tasca.

 

 
     
Edizione RodAlia - 10/06/2023
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