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IL VANGELO DELLA DOMENICA - 02/07
a cura di Don G. Silvestri
 

 

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IL VANGELO DELLA DOMENICA – 2 LUGLIO


DOMENICA XIII - ANNO A- MATTEO 10,37-42

 

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sè la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

 


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Con la venuta del Signore, cambia totalmente la relazione tra Dio e uomo e tra uomo e uomo. Cambia nel senso che la vita dell’uomo viene liberata da ogni legame che ne possa ostacolare o impedire nel tempo il suo pieno sviluppo e la sua divina dignità; viene liberata da ogni legame che ne possa spegnere la coscienza personale o mortificare il dono della libertà che rende l’uomo creatura incomparabile e unica nel mondo creato. Solo l’uomo libero è definibile veramente uomo, perché porta in sé e riflette la stessa immagine e somiglianza di Dio.

È da questa riflessione che bisogna partire per comprendere pienamente le parole di Gesù. Quelle del vangelo di oggi non sono parole che vengono dalla presunzione quasi egoistica di Gesù che vuole il primo posto su tutto e che possano offendere o mortificare le persone cui siamo legati da affetto e parentela, persone che ci hanno dato la vita e che ci gratificano col loro amore. Sono solo parole di verità che illuminano finalmente il mistero grande della vita umana, che esaltano incomparabilmente la dignità della persona umana al di sopra di ogni altro essere al mondo. Sono parole che illuminano paradossalmente il fondamento rivoluzionario e divino dell’umano convivenza fra gli uomini e il fondamento della chiesa corpo stesso del Signore: la libertà.

 

“Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me”. Seguire Cristo si può solo se ci siamo liberati da tutti i vincoli e legami possessivi. Si è veramente degni di Lui solo se ci liberiamo da ogni altro legame può ostacolarci o limitarci nel nostro cammino personale, nella nostra libertà di scelta, nella nostra vocazione personale. Le sue parole sono assolutamente liberatrici.

 

Egli ci mette in guardia da rapporti che implicano apertamente o velatamente asservimento, paura, condizionamento, subordinazione, servitù, soggezione, sottomissione, dipendenza, subalternità. Cristo è venuto a rovesciare ogni gerarchia profana o sacra, familiare o sociale, politica o economica, religiosa o civile. Egli scardina ogni ordinamento piramidale che esalta alcuni e umilia altri, ogni potere nascosto che opprime la libertà altrui, ogni tirannia che viola la libertà di coscienza e di pensiero, ogni dominio che fa violenza alla volontà dell’uomo, alla sua piena libertà e al diritto inalienabile di autodeterminazione.

 

Per essere pienamente discepoli di Cristo occorre perciò essere liberi; liberi di scegliere e responsabili. Questo il significato di quanto dice ancora il Signore. “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”. La croce è la propria vita, la propria libertà, la responsabilità che ci permette di essere noi stessi. È imperativo perciò per il discepolo recidere legami che ci impediscono di vivere liberamente la propria vita, la propria vocazione, le proprie aspirazioni, i propri ideali.

 

Ciò non deve scandalizzare più di tanto. Vivere infatti la propria vita, a pensarci, significa non tenersela stretta in modo egoistico e avaro, ma donarla generosamente, spenderla per amore, spenderla per ciò che è retto e nobile. Vivere la propria vita è dedicarla alla promozione della giustizia e della solidarietà, è impegno a comunicare gioia e speranza attorno a noi, a ridonare vita e dignità a quanti ne sono privi a causa della malvagità: “Chi avrà tenuto per sè la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.”

 
Il messaggio di Cristo è chiaro, luminoso: perdere la propria vita, perderla per causa di Cristo e del vangelo non è ritorno ad un legame possessivo che soppianta gli altri, come possono esserlo quelli familiari o amicali; non è ricadere in schiavitù o sotto il dominio di Cristo. Questo è un punto capitale, purtroppo malinteso ed equivocato dai più, dagli stessi cristiani, dai praticanti, dalle gerarchie e dal potere sacro.

 

Per essere chiari, liberarsi da ogni legame e farsi discepoli di Cristo (accettare il suo Vangelo) non è cadere in trappola, come pensano forse alcuni miscredenti o atei e anche un bel po’ di praticanti; non è passare da una schiavitù ad un’altra schiavitù, dalla padella alla brace, come pensano anche alcuni sornioni benpensanti e intellettuali. Accettare Cristo significa, invece, non avere più padroni, non essere più succubi di alcun potere, perché Lui è solo liberatore, salvatore della nostra libertà. L’unico infatti a gioire pienamente della nostra libertà è proprio Lui.

 

La libertà esigita e donata da Cristo non è perciò fittizia e ingannevole; non ci prende in giro, non ci tende un tranello. Egli non ci libera per imprigionarci nuovamente, in modo diverso e più sofisticato. Il rapporto con Lui è invece libertà totale, piena, gioiosa. Chi non capisce questo non ha capito nulla del vangelo!

 

 

Cristo è salvatore, liberatore definitivo dell’uomo. La schiavitù per l’uomo è da Lui abolita per sempre. Cristo Gesù è l’unico salvatore che ama l’uomo incondizionatamente, per come Egli stesso lo ha fatto! Anzi, c’è di più. È l’unico ad aver donato e a donare totalmente se stesso, la Sua vita, per l’uomo. “Non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15,15). Nessun interesse e nessun calcolo, nessun secondo fine e nessuna strumentalizzazione, nessun asservimento e nessuna dipendenza. L’uomo è il suo fine e non il suo mezzo.

 

È il paradosso che forse non riusciamo ancora a capire; e per questo non riusciamo a goderci pienamente la nostra libertà. Pigramente pensiamo che seguire Cristo è ricadere in un altro legame possessivo, da cui non possiamo liberarci. Per questo siamo in mezzo al guado, né di qua né di là. Né caldi né freddi, tiepidi. Discepoli si, ma sino a un certo punto. Vangelo si, ma sino a quando non si toccano gli altri legami. Liberi si libertà. Pigramente pensiamo che seguire Cristo è ricadere, ma condizionati in mille modi.

 

Beninteso, seguire Cristo pienamente non implica annullare gli altri legami, familiari, amicali, sociali. Significa solo assumerli da persone autonome, cioè: nella libertà più piena e nell’assoluta dignità e rispetto reciproco. Significa affrancarsi da legami possessivi e da condizionamenti che schiavizzano e asserviscono spesso per tutta la vita. Significa amare con amore di donazione e non con amore di schiavi e dipendenti. Significa rigenerare nello Spirito ogni amore possessivo, ogni relazione malata, ogni rapporto ingiusto, ogni legame morboso, ogni sentimento distorto, ogni ubbidienza ipocrita, ogni comunione falsa, ogni affetto patologico.

 

Ahimè! Anche nella chiesa, pensando di rendere onore a Dio, è possibile: vivere o far da schiavi senza saperlo; imporre o idolatrare sacri legami; esercitare o subire poteri mondani; sostenere o esaltare pervicaci istituzioni, morbose tradizioni, ascetiche virtù, svendendo o calpestando la libertà conquistataci dal Figlio di Dio. Altro che Vangelo!

 
     
Edizione RodAlia - 01/07/2023
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