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IL VANGELO ELLA DOMENICA - 09/07
a cura di Don G.Silvestri
 

 

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VANGELO DELLA DOMENICA – 9 LUGLIO


DOMENICA XIV – ANNO A - MATTEO 11,25-30

 

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

 

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A illuminarci sul brano di vangelo di questa domenica è il contesto nel quale il Signore rivolge la sua preghiera al Padre suo. Giovanni Battista, il precursore, che aveva battezzato il Signore, era finito in carcere per mano di Erode. In carcere un forte dubbio lo sfiora sull’identità di Gesù, scandalizzato forse per le contrastanti notizie sul suo operato. Era Lui il vero messia atteso? O bisognava attenderne un altro? Di certo, Gesù non era il Messia che molti si aspettavano. Non un potente condottiero, un messia vittorioso, un ribelle contro il dominio dei Romani.

 

Era solo la mano pietosa di Dio che si chinava finalmente sull’umanità inferma: “I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me" risponde Gesù (11,5-6). Grande è la sua delusione e la sua meraviglia per l’incredulità che lo circonda e per lo scandalo che ha raggiunto anche Giovanni Battista in carcere.

 

 

È questa dura resistenza al suo messaggio a motivare la stupenda preghiera di Gesù al Padre: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza”.

 

 

In queste tenere parole rivolte al Padre, Gesù scava un solco profondo tra chi lo accoglie con gioia e semplicità di cuore e chi, invece, pur dotto e studioso della legge e dei profeti, non riesce ad aprirsi a Lui e a comprendere il suo messaggio di misericordia, la sua accondiscendenza verso gli umili e i peccatori. Grande e invincibile scandalo: Dio si rivela ai piccoli e non ai grandi, parla agli umili piuttosto che ai superbi, si rivolge alle persone semplici piuttosto che agli intellettuali e ai dotti di questo mondo.

 

 

Ne consegue che la vera religione non è quella insegnata dagli orgogliosi scribi, quella predicata dagli ipocriti e zelanti farisei, quella imposta dai forbiti dottori della legge, tutti abili a tentare Gesù con astute trappole dottrinali, e neppure quella officiata dai sacerdoti che avevano trasformato il tempio del Signore in una spelonca di ladri e di cambiavalute e in turpe mercato di sacrifici animali e di offerte sacre.

 

Da qui naturalmente un discorso più ampio e anche attuale. La fede non è accettazione di una dottrina astratta e bizantina, non è adesione a teorie e ideologie su Dio, non è un grande apparato di dogmi da accettare ciecamente o un labirinto di precetti legali da osservare scrupolosamente; e non è neppure, ahimè, un culto vano, esteriore e formale a Dio sadico che vuole tutti alle sue ginocchia.

 

 

Ne consegue ancora che non è la fredda e astratta dottrina che salva l’uomo, ma solo l'accoglienza dell'amore del Padre che ci comunica vita nel suo Figlio Gesù. Non è nella rigidità della legge mosaica e nei suoi infiniti precetti che l’uomo ritrova la sua libertà, ma nella misericordia di Dio benignamente manifestatasi nell'incarnazione del suo Unigenito Figlio. Solo Lui salva e libera da ogni giogo e da ogni schiavitù.

 

E non è l’orgoglio di uomini dotti che può farci conoscere il vero Dio e il mistero della nostra vita umana, ma l'essere uomini dal cuore di carne come Lui. E non è nell'aridità del culto formalistico al tempio che si può ottenere grazia e perdono presso Dio, ma nell'adorazione del Padre in spirito e verità e nell’amore sincero verso i fratelli.

 

 

Non c’è, perciò, altra via per conoscere e adorare Dio, se non quella di seguire Cristo e farsi suoi discepoli, suoi imitatori sulla via della mitezza e dell’umiltà. Quanto astratto e lontano dagli uomini è infatti il Dio pensato e immaginato dai dotti e dagli intellettuali! Quanto incomprensibile ai sapienti e ai colti il mistero di un Dio debole e fragile che si china amorevolmente sulla debolezza umana, un Dio che parla prima al cuore piuttosto che all’intelletto umano!

 

 

Quanto inaccettabile e umiliante per i dotti di questo mondo un Dio che sceglie l’umanità fragile della nostra carne per farci conoscere il mistero profondo del suo essere: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”.

 

 

“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi”, dice il Signore, alludendo all’unica via per dare risposta alla nostra fame di verità e alla nostra sete di amore. Trovare Lui, uomo perfetto, significa per noi trovare finalmente ristoro alla nostra fatica di essere uomini, alla nostra ansia quotidiana e, spesso, alla nostra disperazione. Prendere il suo giogo, dolce e leggero, cioè la via maestra delle beatitudini, significa trovare ristoro nel nostro faticoso cammino quotidiano; seguire Lui, mite e umile di cuore, significa imparare a donare generosamente la propria vita per riaverla e possederla in modo pieno e duraturo.

 

 

Nella pericope del Vangelo di oggi, insomma, abbiamo la sintesi della fede cristiana. Essa libera totalmente dal giogo di una religione fondata sul distacco e sulla distanza tra Dio e l’uomo. Libera da una concezione legalistica e contrattualistica del rapporto religioso e apre ad una relazione profondamente amorosa tra un Padre e i suoi figli. La fede cristiana poggia sulla verità bruciante del Figlio di Dio che dona totalmente la sua vita agli uomini.

 

A Betlemme di Efrata e a Nazareth di Galilea, umilissimi borghi della Palestina, 2.000 anni fa è nato l’Uomo nuovo; con Lui anche noi - se vogliamo - rinasciamo alla vita e alla libertà dei figli di Dio, uomini nuovi nel cuore. Ma i superbi intellettuali di questo mondo non sanno nulla di Betlemme e di Nazareth. Preferiscono luoghi famosi e grandi città per nascere e per diffondere il loro verbo.

 

 

 
     
Edizione RodAlia - 08/07/2023
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