Logo
.
...Data sabato 23 novembre 2024
...Visite ad oggi 992811  Visitatori
Logo
 

Ambito di Ricerca:Tracce di Storia
   
L'IMMIGRAZIONE NEGLI U.S.A. (XIX-XX Sec.)
Aspetti particolari
 
immagine allegata


Materiale di ricerca storica, tratto dalla Tesi di laurea della Dott.ssa Cristina Guccione

Link all'intero Documento



L’immigrazione intellettuale (1738-1871)



La prima tappa dell’emigrazione italiana negli Stati uniti va dalla fondazione della  Repubblica americana nel 1783 al 1861 data dell’Unificazione dell’Italia.

 


Molti di quelli che sono considerati i Pionieri erano per lo più intellettuali ovvero appartenenti alle categorie professionali tipiche italiane. Giunti nel nuovo continente si concentrarono soprattutto nel Nord-Est e nella bassa valle del Mississippi. Le loro intenzioni furono subito quelle di rimanere, continuando le attività proprie di commercianti, artisti, musicisti ed insegnanti.



Tutte professioni che avevano già svolto in Italia e che permisero loro di affermarsi nel paese ospite guadagnando una benevole tolleranza. L’America, più di ogni altro paese necessitava delle competenze professionali e delle abilità artistiche dell’Europa. Fu così che si affermarono i fratelli Piccirilli scultori e scalpellasti e il pittore Costantino Brumidi considerato il «Michelangelo del Campidoglio degli Stati Uniti». Altro italiano di spicco fu Luigi Palma, direttore del MOMA, fece del museo newyorchese il centro propulsore dell’arte italiana attirando scultori e architetti italiani chiamati in America per far fronte alle esigenze edilizie del grande sviluppo urbanistico americano.



Oltre che nel campo artistico, il contributo italiano riscosse successo nel campo scientifico e musicale. Il Presidente Jefferson fu un grande ammiratore dei musicisti italiani al punto tale da far reclutare alcuni di loro per formare nell’ambito delle forze armate la prima banda musicale americana, dalla quale nacque in seguito la famosa banda della marina degli Stati Uniti.

 


Tra gli intellettuali immigrati bisogna poi ricordare i rifugiati politici arrivati nel 1849 in seguito ai moti mazziniani del 1848. Gli USA furono per loro un rifugio sicuro da cui continuare ad osservare la situazione politica della madre patria, talvolta anche organizzandosi con l’intento di ritornarvi e lottare per l’unificazione .


Dapprincipio tali gruppi politici non furono ben accolti dagli americani che videro considerare il loro paese come un luogo cui deportare persone indesiderate altrove e dalle attività sovversive. La stessa chiesa americana non condivise l’ospitalità data ad anticattolici, sostenitori di Mazzini e Garibaldi.


Alla seppur «benevola tolleranza» si aggiunse, poi, una infelice integrazione degli intellettuali italiani nella cultura e società americana. Condizionamenti e pregiudizi caratterizzarono il comportamento di questi immigrati creando loro non poche difficoltà.



Una di queste fu l’apprendimento della lingua inglese, tanto per gli analfabeti quanto per gli intellettuali. Essi continuarono a svolgere le loro attività come continuarono a parlare la lingua madre o le lingue morte. Bisognerà aspettare fino agli anni venti dello scorso secolo affinché intellettuali, figli di immigrati, rivestano ruoli di prestigio e svolgano professioni come quella di avvocato o magistrato, per le quali la padronanza della lingua inglese era necessaria. Tra i Pionieri le fonti ricordano Joseph Sirica che occupò dopo gli anni venti le massime cariche della magistratura e Peter Giannini fondatore della più grande banca americana .

 


Altre categorie di professionisti vennero richieste per sopperire ai bisogni delle comunità italiane cui necessitavano dottori che parlassero in italiano. Paradossalmente, la conoscenza della lingua inglese sembrava non essere necessaria!



(1871-1897)



Intorno alla seconda metà del XIX secolo, il movimento migratorio assunse la consistenza di un vero e proprio fenomeno di massa. Nonostante soltanto nel 1876 si cominciò a rilevare l’emigrazione con regolarità, tra il 1869 e 1875 si registra una media annua di 123.000 persone che lasciano l’Italia per raggiungere altri lidi quali l’America. Nei primi venti anni Argentina e Brasile assorbono la maggior parte dell’emigrazione transoceanica ma dal 1887 favorevoli condizioni del mercato del lavoro nel Nord America fanno raddoppiare la media annua complessiva di immigrati italiani negli USA .



Dapprincipio, ad emigrare sono soprattutto gli abitanti delle regioni settentrionali. Le liste di bordo in cui veniva registrato il comune di provenienza di ciascun passeggero, permettono di quantificare statisticamente il contributo che ciascuna regione ha dato al fenomeno migratorio verso le Americhe.



Lo storico Ercole Sori, 1979, parla a questo proposito di una «marcatissima specializzazione regionale dei flussi migratori per paesi di destinazione» .


Dalle statistiche più o meno attendibili si evince che nelle regioni meridionali il fenomeno fu per lungo tempo poco rilevante. Causa di ciò erano sicuramente l’isolamento e l’attaccamento di queste popolazioni ad una vita esclusivamente basata sull’agricoltura e sui legami patriarcali della famiglia.
Nella tavola sotto, riporto la distribuzione dei connazionali sbarcati negli Stati Uniti tra il 1880 e 1897 per regione di provenienza secondo i dati del Balch Institute di Philadelphia, 1985:



Regioni di provenienza :

 

  • Piemonte-Valle d’Aosta:781, di cui 612 maschi e 169 femmine.

  • Liguria: 1.069, di cui 782 maschi 314 femmine. .

  • Lombardia: 952, di cui 773 maschi e179 femmine. .

  • Trentino-Alto Adige: 178, di cui 123 maschi e 55 femmine. .

  • Veneto: 478, di cui 360 maschi e 118 femmine. .

  • Friuli-Venezia Giulia: 164, di cui 143 maschi e 21 femmine. .

  • Emilia Romagna: 1.140, di cui 834 maschi e 306 femmine. .

  • Toscana: 1.151, di cui 890 maschi e 261 femmine. .

  • Marche: 178, di cui 151 maschi e 27 femmine. .

  • Umbria: 241, di cui 191 maschi e 50 femmine. .

  • Lazio: 687, di cui 576 maschi e 111 femmine. .

  • Abruzzo e Molise: 6457, di cui 5.499 maschi e 58 femmine. .

  • Campania: 13238, di cui 10.439 maschi e 2.799 femmine. .

  • Puglia: 1.395, di cui 1.117 maschi e 278 femmine. .

  • Basilicata: 4.025, di cui 2.688 maschi e 1.337 femmine. .

  • Calabria: 5.240, di cui 4.426 maschi e 814 femmine. .

  • Sicilia: 6.588, di cui 4.643 maschi e 1.945 femmine. .

  • Sardegna: 253, di cui 201 maschi e 52 femmine.

    • TOTALE parziale: 44.242, di cui 34.448 maschi e 9.794 femmine. .

      In particolare, provenienti dal Mezzogiorno: 37.196, di cui 29.013 maschi e 8.183 femmine. .

      In più: 12.026, di cui 9.180 maschi e 2.846 femmine di provenienza ignota. .

     

    • TOTALE generale del dato nazionale: .

      56.268, di cui 43.628 maschi e 12.640 femmine. .

 

 

 

 

 







ECCEZIONALE ESEMPIO DI FILANTROPIA : Matteo Teresi



  Un missionario mazziniano da Alia a Rochester




I primi emigrati di Alia ebbero la fortuna di essere seguiti ed assistiti negli Stati Uniti da un giovane professionista del luogo, l'avv. Matteo Teresi, che, ritenendo impossibile la vita in paese a causa di gravi dissidi avuti con taluni esponenti del clero, decise di abbandonare proprietà e professione e di partire per l'America con l'intenzione di assicurare protezione alle centinaia di aliesi che si erano ivi trasferiti. Si tratta di una figura eccezionale, in cui filantropismo e romanticismo s'intrecciano sino a fare del professionista aliese un missionario laico, un apostolo di tipo mazziniano.



Da Teresi la difesa dei suoi compaesani in una terra lontana e sconosciuta fu avvertita e messa in atto come una vocazione insopprimibile. Forse, per rabbia e in reazione a quei preti aliesi che, essendosi resi indegni agli occhi di Dio, non riuscivano a esprimere un pizzico di amore per il prossimo. O forse perché Matteo Teresi era nato e fatto così : disponibile in favore dei deboli sino a rimetterci di tasca e contestatore e giudice dei prepotenti sino a trascurare i propri interessi. Ma di un personaggio tanto straordinario quanto altruista è opportuno saperne di più, anche perché si inserisce ottimamente in una ricerca, come questa, che ha come obbiettivo quello di mettere in luce la vita e i problemi dei primi emigranti verso gli Stati Uniti e di considerare, in particolare, come campione, gli emigrati di Alia, un comune d'origine baronale, basato prevalentemente sull'agricoltura e sulla pastorizia .




Matteo Teresi nacque ad Alia il 30 giugno del 1875 da Mariano, farmacista, e da Maria Macaluso. Grazie al fatto di appartenere a una famiglia benestante, fu uno dei pochi ragazzi del paese che, dopo le scuole elementari, poté continuare gli studi trasferendosi a Palermo e iscrivendosi al prestigioso ginnasio-liceo classico «Garibaldi».

 

Qui conseguì il diploma di maturità all'età di 19 anni riportando ottimi voti soprattutto nelle materie letterarie. Subito dopo, più per esigenze di famiglia che per inclinazione personale, fu sollecitato a prendere, in seguito a un regolare corso di studi, il diploma di farmacista che in futuro gli avrebbe potuto consentire di ereditare la titolarità della farmacia del padre. Ma a interessarlo maggiormente erano gli studi giuridici e, seguendo la sua aspirazione, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Palermo, dove conseguì la laurea in legge.



Di idee politiche socialiste, ma di un socialismo umanitario non inquinato dalla dottrina marxista o da progetti rivoluzionari da realizzzare con l'odio e la lotta di classe, il neo-avvocato fu corrispondente da Alia e, per altri versi, collaboratore a più ampio raggio, del giornale «La Battaglia ». A proposito della sua fede politica, Teresi più tardi scriverà con tutta consapevolezza : «Quando la questione sociale fu ridotta a una semplice questione di stomaco e il diritto dei lavoratori assunse atteggiamenti troppo egoistici e forme ipertrofiche, il sentimento del dovere sembrò a molti risibile memoria di tempi oltrepassati. Nel duello fra Carlo Marx e Giuseppe Mazzini, il successo immediato parve arridere al primo; ma col volgere degli anni e il maturarsi degli eventi si ricominciò a sentire il bisogno della missione educatrice di Mazzini : e oggi la questione morale rinasce imperiosa, come la sola capace di comporre i dissidi in cui si dibatte la odierna società» . Egli era convinto che l'umanità possa essere rigenerata soltanto da una rivoluzione morale, che, a sua volta, può essere introdotta attraverso un'azione educatrice delle masse.



Teresi, dalle colonne de «La Battaglia», condusse dure campagne contro l'immoralismo di certi ambienti «intoccabili», ma presto dovette pagare caramente il prezzo della sua schiettezza e del suo coraggio . Si allontanò definitivamente da
Alia nella primavera del 1907 prendendo la via dell'esilio con il proposito, come si è detto, di rendersi utile alla comunità aliese stabilitasi negli Stati Uniti d'America. La sua destinazione fu Rochester nello Stato di New York, dove, anche se spesso si recava in altri Stati, fissò la sua residenza e rimase sino alla morte avvenuta nel 1971. Rochester fu anche il centro della sua attività assistenziale e pubblicistica che dagli emigrati aliesi si allargò presto agli emigrati provenienti dal resto d'Italia.



Per meglio raggiungere le comunità italo-americane Teresi si iscrisse alla loggia dell'Ordine dei Figli d'Italia e si servì della rete organizzativa di questa per fare meglio circolare il suo messaggio e rendere nota la sua disponibilità. Ma a mettere maggiormente in luce la filantropia di Teresi fu la sua attività pubblicistica che egli esercitò scrivendo opuscoli e collaborando a una serie di giornali in lingua italiana. Tra le testate sulle quali comparve più frequentemente la sua firma ricordiamo «Il Corriere di Buffalo», «La Folla di New York», «Il Tempo», «La Domenica», «La parola del medico», «La Guida Coloniale», «Il progresso italo-americano», «Il Popolo Italiano» e «La Stampa Unita», di cui per parecchi anni fu contributing editor.



Tra i suoi libri e opuscoli ebbero particolare successo : I limiti del diritto al matrimonio nei degenerati (1910), Ai giovani figli d'Italia (1932) e una raccolta di scritti e articoli, prevalentemente rivolti a quanti dall'Italia si erano trasferiti negli Stati Uniti, con il significativo titolo Con la Patria nel cuore, la mia propaganda fra gli emigrati (1925), pubblicato e diffuso anche in Italia dalla casa editrice palermitana D'Antoni. «Questo libro - spiega l'autore nella prefazione - vuol riassumere e continuare con maggiore efficacia, in un campo più largo, quell'opera a cui ho da lungo tempo consacrato la mia modesta ma fervida cooperazione : salvare la italianità, che tende a disperdersi nel mondo, e fare dell'emigrato un degno rappresentante della Patria all'estero; degno per virtù di uomo e di cittadino, che sente la nobiltà della propria stirpe e non ne tollera deturpamenti sacrileghi o svalutazioni maligne. » 



Teresi fu anche poeta. Ed è superfluo dire che gran parte dei suoi componimenti, alcuni anche pregevoli, sono dedicati agli emigrati e alla Patria lontana. Tra questi ultimi è Il canto dei figli d'Italia, che, a richiesta dell’autore, venne musicato dal Maestro Basilio Graziano, ma, a quanto pare, non ebbe quella fortuna auspicata da Teresi.

 

 

Lo si può dedurre da un appello lanciato dall'autore nel 1957, che, unitamente al testo del canto, riportiamo in appendice. «Ora - vi si legge fra l'altro - desidero ritentare la prova perché sento che nel Canto dei figli d'Italia possa sopravvivere qualche cosa della missione educatrice a cui mi sono consacrato in America per ben cinquant'anni».

 

E, poi, disposto ad accettare qualsiasi sorte, aggiunge: «Ma dovesse fallire anche questo tentativo, io troverò sufficiente conforto nella opportunità di dire con paterna dolcezza agli emigrati e ai loro figli : 'Sinceramente vi auguro che possiate trovare un Canto molto migliore del mio. Ma un canto dovreste averlo e farlo sentire in tutte le solennità, per ritemperare la vostra fede, per ravvivare i vostri entusiasmi, per guidarvi uniti nella marcia verso l'avvenire . Rompete una buona volta il vostro troppo lungo silenzio' ... E cedo alla tentazione di aggiungere : 'In realtà non è il povero Teresi che bussa alla vostra porta, ma è l' Italia (...)' ».



Si coglie un certo sconforto nelle parole di Matteo Teresi, già settantaduenne, ma è ancora viva la speranza nella redenzione civica e morale degli italiani divenuti anche cittadini americani. Egli continua ad augurarsi che essi non perdano il senso dell'italianità, ossia quei valori che nei secoli avevano fatto dell'Italia un grande Paese. Tra i valori l'«anticlericale » Teresi non esclude quello religioso e il fatto stesso che all'interno del territorio italiano ha sede il centro del cattolicesimo.

 



A tal proposito va detto che la triste vicenda di cui si sarebbe reso protagonista qualche sprovveduto prete di Alia, non indebolì la religiosità tutta di tipo cristiano da lui ereditata in famiglia e «assimilata in piena consapevolezza». E, quasi certamente, «si trattò anche di cattolicesimo che, se non praticato, fu condiviso nella sua essenza dottrinale» . In tutti i suoi scritti il sentimento religioso dà forza al modo di esporre e argomentare le idee anche se si coniuga con l'ideologia socialista sopra accennata.



Nelle raccomandazioni e nei consigli da lui indirizzati agli emigrati ricorrono spesso le citazioni del Vangelo o i riferimenti alla morale cristiana. L’esule aliese giunge finanche a suggerire l’opportunità di «porgere l’altra guancia» a chi dovesse dare uno schiaffo, poiché, a suo parere, ciò «significa evitare il secondo schiaffo, tagliare la catena dei mali, interromperla fino dal primo anello», poiché «l’avversario che si aspetta la resistenza o la fuga, rimane umiliato, interdetto, nella confusione ha tempo di rientrare in sé stesso e vergognarsi del malfatto» .

 



Chi conosce le vicende dell’autore non può non scorgere nell’immediata lettura di queste frasi un aspetto autobiografico. E ne ha conferma più avanti, allorquando Teresi così prosegue : «nessuno più di me è stato bersaglio della violenza verbale, spinta oltre l’ingiuria, fino a toccarmi nell’onore, fino a contendermi il pane : - or bene, io ho fiducia che il mio atteggiamento «cristiano» finirà col convincere gli avversari che le energie ribelli si possono spendere più onestamente e più nobilmente. Dal mio danno e dal mio dolore non traggo propositi di vendetta, ma insegnamenti morali : - mi educo educando» .



Il suo, come si può rilevare, è un cristianesimo vissuto e praticato in prima persona e raccomandato, alla luce della propria esperienza, agli emigrati, molto spesso vittime di soprusi e di grosse ingiustizie. A costoro Teresi, in altri termini, consiglia la resistenza passiva, la quale non è affatto mancanza di coraggio, bensì segno di un coraggio morale, destinato, prima o dopo, ad affermarsi. Egli è convinto che, se all’odio si risponde con l’odio, l’aggredito e l’aggressore, scambiandosi magari le parti, non cesseranno mai di aggravare la situazione e di farsi del reciproco male, mentre, se da una parte e dall’altra, si mette fine alla violenza, saranno entrambe a guadagnarci. Si scopre, altresì, nell’avvocato aliese – divenuto punto di riferimento degli emigrati e da loro riconosciuto come guida – l’alto senso di responsabilità a diffondere messaggi di prudenza per scongiurare e condannare le reazioni a cui spesso gli italo-americani, tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX, si lasciavano andare di fronte alle provocazioni di altri gruppi etnici.

 

 

 

 
     
Edizione RodAlia - 02/02/2024
pubblicazione consultata 124 volte
totale di pagine consultate 911549
Copyright 2008- Ideazione e Coordinamento di Romualdo Guccione - Realizzazione tecnica del sito di Enzo Callari -