Veduta di Colle Madore, da Nord-Ovest -------------------- raffigurazione di Afrodite
IL TEMPIO DI AFRODITE / SEPOLCRO DI MINOSSE A COLLE MADORE
Lercara Friddi è un paese esistente dalla fine del 1500:
prima d'allora l'unica comunità di uomini che abitò sul territorio
vicino alle abitazioni fu quella di Colle Madore.
Questa collina è posta all'incirca 1,5 km ad est da quella zona di periferia
che si trova immediatamente dopo il cosiddetto edificio della "vasca"
sul Colle Croce.
Coloro che lo abitarono da tempi remoti, associandosi, a partire da un millennio
prima della nascita di Cristo sino al 409 a. C., furono Sicani (un'antica popolazione
della Sicilia).
Gli scavi condotti sul Colle Madore (1995, 1998, 2004) dalla Soprintendenza
ai Beni Culturali di Palermo - dopo l'inizio dell'avventura archeologica nel
1992 con la "Donazione di Antonino Caruso" al Comune di Lercara Friddi
dei primi reperti accidentalmente ritrovati - hanno portato alla luce, tra i
vari ambienti, un'area sacra poco sotto la cima.
Secondo la mia tesi, esposta nel saggio "Danilo Caruso / SICANIA - Il sito
sicano di Colle Madore: dalla leggenda alla realtà (2004)" la particolare
posizione del colle, l'etimologia del nome, l'analisi dei reperti e del tipo
di liturgia che vi si svolgeva lasciano intendere che questo sacello, con gli
spazi circostanti, sia "il tempio di Afrodite / sepolcro di Minosse"
di cui parla Diodoro Siculo nella "Biblioteca Storica".
Questo mito fu costruito dagli Agrigentini al fine di annettere una fascia territoriale
al di là dei propri confini e di fondamentale importanza difensiva.
In Sicilia tra il 700 ed il 500 a. C. emigrarono numerosi gruppi di Greci, i
quali portarono la loro civiltà nell'isola entrando in contatto, ed anche
scontrandosi, con i vecchi abitanti (Sicani e Siculi).
Il Colle Madore e la sua gente si trovarono schiacciati tra gli Stati di due
nuove città greche: Agrigento a sud ed Imera a nord.
Questa zona con le sue colline era importantissima da un punto di vista militare
per il controllo dei territori circostanti.
In un primo tempo i Greci di nessuna delle due parti occuparono con la forza
l'area del Madore, anzi la mantennero un territorio neutrale per mezzo della
valorizzazione del suo tempio che era dedicato ad Afrodite.
Gli Acragantini però in un altro momento pensarono di agire diversamente:
invadere in armi una zona che era stata resa neutrale con motivazioni religiose
richiedeva una giustificazione per non essere accusati di sacrilegio.
Terone, signore di Agrigento, prese come pretesto della sua azione militare
il fatto di voler vendicare il re di Creta Minosse.
Si raccontava nell'antichità che costui, personaggio appartenente più
alle leggende greche che alla storia, fosse stato ucciso in Sicilia da un re
sicano, Cocalo, e che poi fosse stato sepolto in un punto su cui successivamente
sorse un tempio di Afrodite.
La leggenda narra che Dedalo, fuggito da Creta, trovasse ospitalità in
Sicilia presso Cocalo, ma Minosse che lo inseguiva per farsi giustizia di un
episodio precedentemente narrato lo rintraccia.
Questi accetta imprudentemente un invito del re sicano alla sua rocca di Camico,
e qui viene ucciso durante un bagno con le figlie di lui.
Terone e gli Agrigentini ripresero la leggenda della morte di Minosse e la utilizzarono
per uno scopo di conquista.
Dire, però falsamente, che il sepolcro di Minosse era su Colle Madore,
sotto il tempio di Afrodite, gli dava la possibilità di attaccare perché
dicevano di volerlo vendicare: e ciò non li avrebbe resi apparentemente
colpevoli di una cosa ingiusta nei giudizi dei loro contemporanei.
Così facendo il Madore e l'intero Stato di Imera caddero sotto il controllo
di Agrigento intorno al 483 a. C.
Il Madore si trovava a ridosso del dominio di Akragas, su un'altura strategica
che separa i bacini del Torto e del Platani, e da cui si controllano le vie
che vanno verso il Tirreno e verso il Mediterraneo.
Queste zone di confine erano inoltre connotate nella loro elaborazione tematica
dall'immagine dell'acqua.
Il nome Madore deriva dall'aggettivo greco "madaròs" (bagnato): il
territorio intorno al colle era possibilmente chiamato la regione delle acque,
come provano la vicinanza ai bacini fluviali e la presenza di falde acquifere.
Il ritrovamento di un'edicola, che rappresenta un uomo seduto sul bordo di una
vasca (Minosse), e di un bacino per acqua lustrale - entrambi provenienti dal
sacello - testimoniano la centralità dell'acqua anche come elemento sacrale,
in un contesto liturgico connotato da offerte sacrificali (thysía).
Ritrovamenti indicativi sono parti di statuette di Demetra ed un'incisione in
lingua punica (rievocante Astarte) che rinviano, per analogia, al culto di Afrodite,
la cui presenza sul Madore è indubitabilmente provata da diversi ritrovamenti:
una statuetta acefala di divinità femminile con in braccio una lepre
(animale sacro ad Afrodite), un pezzo di scodella con sul fondo riprodotta una
svastica e una lamina con protomi taurine a sbalzo (si tratta di rappresentazioni
figurative esplicitamente a lei collegate).
Dopo la pseudovendetta di Terone è plausibile la sostituzione di Afrodite
con Demetra (entrambe dee della fecondità), dato che venne meno, per
la successiva mancanza del tema del sepolcro, la coppia Afrodite / Minosse:
la natura era paragonata alla figura femminile, per cui Afrodite equivaleva
a Demetra.
Altri reperti (come i frammenti delle antefisse del tempietto, il modellino
di capanna a pianta circolare, etc.) confermano la mia tesi generale che giustifica
anche la presenza di materiale importato da Imera come semplice acquisto commerciale,
materiale che si inseriva in una cultura influenzata da Akragas.
Tra le lamine bronzee ritrovate una rappresenta una divinità femminile
(o Afrodite o Demetra).
L'area sacra di questo tempio di Afrodite venne parzialmente distrutta, come
racconta Diodoro Siculo, nel 483/482 a. C. da Terone di Agrigento (in realtà
in quello che poteva apparire al Madore come un suo spazio ipogeo non c'era
la tomba di Minosse come dagli Acragantini inventato, bensì un'officina
per la lavorazione dei metalli).
Nella primavera del 409 a. C. i Cartaginesi, che non erano di religione greca
e che occupavano quella parte di Sicilia corrispondente più o meno all'attuale
provincia di Trapani, distrussero durante una guerra con i Greci, tutta l'area
abitata di Colle Madore e la sua popolazione dunque si disperse.
Per la rinomanza del luogo ho creduto ipotizzabile una visita del poeta Pindaro
al "tempio di Afrodite / sepolcro di Minosse" durante il periodo della
sua permanenza in Sicilia (476/475 a.C.) visti i suoi rapporti con gli Emmenidi
e la matrice aristocratico-celebrativa della sua poesia.
La mia tesi esposta sinteticamente è alternativa ad una serie di altre
quattro localizzazioni elaborate nel tempo da altri studiosi: Eraclea Minoa
e le tholoi di Sant'Angelo Muxaro, Licata, Alia (Grotte della Gurfa).
Si tende canonicamente ad identificare la rocca sicana di Camico con Sant'Angelo
Muxaro, ma ciò non dovrebbe comportare automaticamente che la finta tomba
di Minosse debba essere ubicata immediatamente nelle sue vicinanze: non va trascurato
che nella realtà greca la scelta del luogo del sepolcro ed il riallacciarsi
al mito erano funzionali alla politica espansiva agrigentina e non alla leggenda.
Colle Madore presenta connotazioni adeguate e non ha importanza il fatto che
sia lontano dalla costa, anzi conta che fosse collocato sull'asse Sabucina-Polizzello
che nel VI sec. a. C. delimitava il confine nordico del dominio acragantino.
Uno studio di inizio '900 di G. Nicastro poneva Camico a Sutera: la sommità
del Monte San Paolino (ai cui piedi si trova il paese odierno) è visibile
da sopra il Madore guardando verso oriente.
Le tholoi rimangono sempre molto suggestive, ma sono funzionali all'aspetto
mitico delle vicende di Minosse, non a quelle storiche di Agrigento e Terone
maggiormente pertinenti all'analisi.
Riguardo a Colle Madore il mio sistema diverge da una impostazione proposta
dall'archeologo Stefano Vassallo che lega questo sito all'influenza di Imera:
in particolare egli interpreta il personaggio dell'edicola come Eracle ed in
più sostiene un'etimologia dall'arabo del toponimo "Madore".
Danilo Caruso
Museo archeologico (reperti)
Edicola di pietra calcarea / Lamina di bronzo / Pithos