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Ambito di Ricerca:Le festività e le tradizioni religiose
   
Processioni a Lercara_nel periodo pasquale
 

per gentile concessione,

immagine allegata

dal libro di

Nicolò Sangiorgio



Domenica delle palme

Il raduno dei lercaresi nella piazza dove si prospetta la Chiesa di sant'Antonio da Padova, non avviene in un'ora stabilita della mattinata: già, intorno alle ore 9 vi si concentrano; numerosa la partecipazione di ragazzi che portano in mano palme e ramoscelli di ulivo o un segno costituito da una foglia di palma, magistralmente intrecciata a forma di spada, di cuore c di fiore.

È un ondeggiare di fronde pazientemente ornate con nastrini di carta variopinta, carezzate dal tintinnio di campanelli, mentre un piacevole vocìo di bambini allieta la folla che si stringe ad un'asina con un drappo rosso sul dorso, bardata e ornata di fiocchi e di lustrini, e al puledro con un nastro rosso al collo.

È un avvicendarsi di bambini che, sorretti dai genitori, saltano in groppa all'asina per farsi fotografare.
Circa le ore dieci si forma lentamente la sfilata che si sviluppa nell'attiguo corso principale; poi, si muovono i dodici "apostoli", disposti ai due lati con in mano una palma e l'attrezzo del mestiere esercitato, oppure oggetti dai quali si rileva il ruolo assunto in seno alla Chiesa. La scelta degli apostoli è affidata al sorteggio tra i componenti della Confraternita "Ecce Homo' che qui ha la sede.

Seguono due giovani in tunica, sandali ed elmetto di epoca romana addetti alla custodia dell'asina, detti "palafrenieri"; quando erano muniti di ali, venivano ritenuti angeli.
In groppa all'asina un sacerdote con i paramenti solenni ed una palma in mano. Dietro, autorità, la banda musicale, cittadini.
La processione segue l'itinerario inverso dell'ordinario e si conclude in piazza Duomo con la celebrazione della messa e la benedizione degli apostoli nella Chiesa Madre.

Lercara ricorda in questo modo l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme. Un'espressione del sentimento religioso dei nostri avi, che, oltre a rievocare il "fatto storico", è una modulazione che contraddistingue la comunità. Tuttavia, se confrontiamo l'odierna scenografia con quella di appena cinquant'anni fa, ci rendiamo conto che un tempo vi era maggiore partecipazione; non solo, ma venivano utilizzati alberi di eucaliptus tanto grandi da dovere essere legati all'inferriata che delimita la scalinata di accesso alla Matrice.

Si tramandano alcune curiosità, come quella che vide protagonista, tra il 1877 e il 1880, certo Rosario Gambino, il quale estirpato un albero di ulivo con le radici, lo condusse in processione e il Sabato Santo lo ripiantò nel medesimo posto dal quale lo aveva divelto. Ebbene, l'albero riprese a vegetare e, a ricordo dei discendenti, si può ammirare nella campagna di contrada Fiumetorto.

Circa il 1920, al termine della processione, il sacerdote saliva la scalinata in groppa all'asina; a séguito di una caduta, la consuetudine è stata interrotta.
Fino ad alcuni decenni fa il sacerdote si fermava davanti all'ingresso principale del Tempio, perché chiuso, e de gruppi di ministri, di cui uno posto all'interno, cantavano dei Salmi, al termine dei quali il sacerdote -nelle vesti di Gesù - con la parte bassa di una croce batteva alla porta che al terzo colpo si spalancava.
Oggi si entra direttamente in Chiesa.





la processione della domenica delle palme

immagine allegata


Domenica di Pasqua


Dopo una settimana di tristezza, si giunge alla gioiosa Domenica di Risurrezione.
Il rito religioso ha luogo nella parrocchia di sant'Alfonso, la sera del sabato, e nella Chiesa Madre, a mezzanotte, con l'intervento del Coro parrocchiale; la rappresentazione popolare si sviluppa nell'ampia piazza Duomo, durante la quale ha luogo "Lu 'ncontru" cioè, l'incontro fra Cristo Risorto e la Madonna mediante l'intervento dell'Arcangelo Michele.

I portatori della statua di Cristo appartengono alla confraternita della "Santa Croce" e indossano l'abitino; quelli della Madonna sono vestiti di bianco, con cintura e fazzoletto al collo di colore celeste. Entrambi le statue sono nascoste agli angoli opposti di due vie adiacenti alla piazza.
La statua dell'Arcangelo Michele è portata da giovani vestiti di bianco, con una fascia alla vita che pende dal fianco sinistro e un piccolo drappo sulle spalle annodato al petto, ambedue di colore rosso. I portatori della Madonna e di san Michele fanno parte della confraternita della Madonna di Fatima.
Le due statue escono dalla chiesa di sant'Alfonso, quella del Cristo Risorto del Purgatorio. Anche questa "sacra rappresentazione" si è arricchita a partire dal corrente anno, della presenza delle Pie Donne, formate da otto giovani, in costume d'epoca e con il mantello nero, che seguono la statua della Madonna.

La folla riversata nella piazza, trasformata in un vasto anfiteatro, sta in silenziosa attesa. L'Arcangelo, che aveva ricevuto dalla Madonna la missione di cercare Gesù, attraversa lentamente e ripetutamente la piazza e, facendo capolino alle vie contigue scruta in ogni angolo; poi, accelera l'andatura, il rullio del tamburo aumenta il ritmo ed un vivo senso di commozione invade gli spettatori: ha intravisto Cristo.

Accertatosi della visione, "veloce come una saetta e con la spada svettante", porta l'annuncio alla Madonna, alla quale viene tolto il mantello del lutto; anche le "Pie Donne" sostituiscono il mantello nero con uno di colore celeste. San Michele, quindi, ritorna velocemente da Cristo e insieme si muovono lentamente verso il centro della piazza, dove si dirige anche la Madonna. Nell'istante in cui i tre simulacri si incontrano e si inchinano, scocca mezzogiorno, le campane suonano, la banda musicale esegue l'inno di benedizione e gli stendardi, che in segno di lutto erano in posizione orizzontale, si innalzano.

E la folla, che aveva assistito drammaticamente alla ricerca affannosa. Esulta gioiosamente e con un applauso forte e prolungato scarica la tensione.

Intanto, uno stormo di colombi, spaventati dal vivace scampanio, spicca il volo dal campanile.
Espressione profana, seguita con particolare attenzione, è la "isata di li stinnardi" (l'alzata degli stendardi), per constatare quale viene issato per primo e posto perpendicolarmente senza alcuno sbandamento. Questa qualificazione dà diritto ad aprire la sfilata delle confraternite.

A conclusione della rappresentazione, tra luci e colori primaverili, si snoda una breve processione secondo il consueto circuito. Effettuato il giro della piazza, i tre simulacri salgono sul sagrato della Chiesa e all'intonazione dell'inno di benedizione si inchinano rivolte al pubblico.

Pervenute in piazza sant'Alfonso, le statue di san Michele e della Madonna, inchinandosi da un capo all'altro della piazza, salutano il Cristo ed entrano nella chiesa; questi prosegue e ritorna nella Chiesa di san Matteo.

La statua della Madonna che venne utilizzata sino al 1957, ripeto, era di cartapesta, come lo era quella del Cristo Risorto. La Madonna si presentava riccamente "agghindata", da nobildonna. Perciò, di una donna che si adorna eccessivamente ed assume una posizione impettita, si suole dire : "pari la Madonna di Pasqua" oppure "Sì (sei) tisa comu la Madonna di Pasqua".

Sono i giovani ad alternarsi nella conduzione degli stendardi che in passato erano pesanti ed alti; e proprio nei tempi andati, i giovani mettevano in mostra forza fisica e abilità con strani equilibrismi.
Tenendo il braccio alzato, camminavano con la base dello stendardo sul palmo della mano o sui denti dell'arcata inferiore della bocca; cimentandosi nell'abbassare obliquamente lo stendardo, con notevole sforzo e risicato volteggio, per consentire di passare sotto i cavi elettrici o i fili di ferro utilizzti per stendere la biancheria. Ci provavano tutti, poi, "lu stinnarderi" più abile dava a tutti una prova dimostrativa.
Singolare era il fatto che i giovani si esibivano in questi "giuochi" con l' intento di ostentare bravura e disinvoltura, specialmente transitando per la strada dove abitava la fidanzata; un atteggiamento "goliardico" ormai scomparso.

Per la circostanza, vengono confezionati dei dolci, li panuzzi di cena e la cassata, ("pan di Spagna" farcito con ricotta e frutta candita).
In tempi lontani, tale tipo di dolce, chiamato "panittuni", (panettone). era preparato in casa e generalmente era farcito con crema di ricotta.
Caratteristico un intreccio di pasta sormontato da un uovo sodo, chiamato "pupu cu l'ovu", che deliziava i ragazzi.
Per preparare la cassata che il fidanzato doveva regalare alla promesse sposa, venivano chiamate delle donne esperte, "durcère".
Siamo in molti a rammentare che fino ai primi del 1960 nella ricorrenza pasquale, si registravano avvenimenti significativi di vita individuale e sociale come il fidanzamento ufficiale.


immagine allegata

- rituale pasquale -
l'Arcangelo Michele alla ricerca del Cristo risorto.

immagine allegata


Domenica di Risurrezione - l'Arcangelo in atto di
comunicare alla Madonna il ritrovamento del Figlio.

altre immagini dell' incontro,
cliccando sull'icona sottostante.



immagine allegata


"li stinnarderi" di una volta


 
     
Edizione RodAlia - 15/01/2009
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