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Ambito di Ricerca:Tracce di storia locale
   
I Rose Gardner a Lercara_audio
 

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sezione da disegno della fine del XIX secolo custodito all'UTC di Lercara Friddi

I ROSE GARDNER DI VILLA LISETTA



All'alba del 1800 la Sicilia era al centro delle rotte commerciali del Mediterraneo, come Malta che era già colonia inglese. La Camera dei Comuni aveva più volte espresso la volontà di una annessione della nostra isola. Non per niente nel 1811 fu inviato in Sicilia l'ex governatore delle Indie William Bentinck in funzione di ministro plenipotenziario. Nel 1808, nel 1809 e nel 1812 furono stipulati dei trattati tra Sicilia ed Inghilterra che attirarono l'isola nella sfera d'influenza inglese, anche a causa del blocco continentale napoleonico contro l'Inghilterra (1806). Durante il periodo napoleonico vi fu in Sicilia la presenza di un presidio militare (1811-1814). Sull'isola si trasferì un esercito di 15.000 uomini ed un gran numero di commercianti sospinti dai sussidi della madrepatria: gli Inglesi (vi erano una trentina di consoli e vice-consoli) sovvenzionavano direttamente sia i Borboni sia i loro connazionali. Dopo la fine delle guerre napoleoniche, la presenza inglese diminuì notevolmente, e rimasero solo gli imprenditori con radici più salde.

L'Inghilterra acquistava allora il 40% delle esportazioni siciliane, e vi rimetteva, nonostante il regime protezionistico borbonico (1824), il 32% dei prodotti importati. I prodotti siciliani subivano tra l'altro la concorrenza di quelli napoletani essendo ostacolati dalle norme fiscali interne. Mancava inoltre nell'isola un sistema bancario e creditizio degno di questo nome. I merchant-banker (mercanti-banchieri inglesi) si inserirono in questo contesto con i loro capitali accettando il rischio d'impresa. La loro abilità mantenne l'isola sotto il controllo economico inglese. Questi si allearono con la nascente borghesia locale - era del tutto assente un ceto imprenditoriale - esercitando un potere di condizionamento verso i poteri pubblici.

La famiglia Rose Gardner nacque in seguito al matrimonio di due fratelli Rose con due Gardner. Il ramo femminile della famiglia ha come progenitore Benjamin Gardner. Questi, di Boston, era un capitano d'imbarcazione sulla cui nave viaggiavano per l'America i prodotti d'esportazione provenienti dalla Sicilia di Benjamin Ingham, che tra l'altro oltre alle famose produzioni di vini commerciava pure lo zolfo. Gardner, che, poiché non aveva figli, adottò un discendente (Edward) di un protagonista della guerra d'indipendenza delle colonie nord americane dall'Inghilterra (Paul Revere: un nipote sposò la cognata di Benjamin; Edward era il di lei figlio), rimase colpito in questi suoi viaggi dalla bellezza misteriosa del capoluogo isolano e vi si trasferì alla fine del secondo decennio del 1800. Qui, ancor prima di divenire console americano a Palermo nel 1825, si interessò del mercato dello zolfo e fece l'incettatore. Il suo nome divenne ben presto noto. Dal carattere mutevole, erano noti i suoi sfarzosi trattenimenti da console. Morì il 3 luglio 1837 a causa dell'epidemia di colera che imperversò in Sicilia nel 1836-37. Il progenitore del ramo maschile dei Rose Gardner di Lercara Friddi fu James Rose (1809-1868). Era un Inglese dall'aspetto imponente e dall'aria allegra: nipote di un lavoratore portuale di Woolwich, raggiunse a dodici anni uno zio a Messina dove iniziò a lavorare. In un primo momento si dedicò al commercio degli agrumi, ma poi fu attratto da quello più redditizio dello zolfo che esercitò in associazione con Benjamin Gardner. La sua residenza palermitana si trovava alla Marina di fronte a Palazzo Lampedusa. Già nel periodo di presenza del presidio inglese in Sicilia (1806-1815) vi erano quindici imprese inglesi impegnate nell'industria estrattiva. Nel 1839 Edward Gardner era tra gli azionisti che crearono nel Regno delle Due Sicilie la prima compagnia di navigazione che utilizzò una nave a vapore, denominata Palermo, alla quale il governo borbonico concesse il diritto di navigazione mercantile costiera (cabotaggio) in precedenza solamente prerogativa dei Napoletani: altri due azionisti furono Francesco di Paola Ferdinando Gravina Principe di Palagonia e di Lercara Friddi, e il barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro (con l'ufficio di tesoriere).

Edward, coniugato alla Gallese dal carattere irascibile Martha Beaumont, era impegnato nel campo bancario ed in quello commerciale (esportava sommacco in U.S.A. ed in Inghilterra). Nel 1840 intraprese, con i Rose, l'attività di speculazione sul bacino zolfifero lercarese, che rimarrà per lui la più importante.

Villa Lisetta, residenza lercarese di James Rose, fu edificata secondo lo stile vittoriano intorno a quegli anni su un'area allora in periferia vendutagli per lo scopo: il nome fu scelto in onore della moglie (Eloisa). I legami finanziari tra i Rose ed i Gardner divennero parentela quando due fratelli Rose, William (1840-1888) e John Forester (1853-1922), sposarono due figlie di Edward Gardner, rispettivamente Martha ed Elizabeth intorno al 1869 e al 1882: le due coppie andarono ad abitare a Villa Lisetta. Invece la primogenita del defunto Edward Gardner, Charlotte, sposò nel 1872 il barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro (soprannominato Nené, erede e nipote dell'omonimo di cui sopra) con una sfarzosa cerimonia. I Gardner erano imparentati con i Whitaker di Villa Malfitano: Beau Gardner era cognato di Maude Whitaker Bennet (1860-1929), andata in sposa a Bob Whitaker (1856-1923). La sorella di Maude, Alice, intorno al 1880 era stata fidanzata con un Gardner.

Compiutasi l'unità d'Italia comparve in Sicilia il problema del brigantaggio. I rapimenti dei ricchi sembravano essere all'ordine del giorno. Primo ad essere rapito dei Rose fu James intorno al 1863 mentre viaggiava con la figlia Sophie (n. 1839) in carrozza in una località poco distante da Palermo.

Toccò poi a John Forester Rose (1853-1922, figlio di James) la sorte di essere rapito da uno dei più noti criminali di quegli anni: il famigerato Antonino Leone, che agiva anche nei pressi di Lercara. John Forester Rose, un uomo di taglia imponente che portava i baffi, il 4 novembre 1876, diretto in treno a Lercara per eseguire un sopralluogo alle miniere della Rose Gardner & C., scese con i suoi accompagnatori, tra cui il fratello George (1842-1888), alla stazione (quella attualmente denominata di Lercara Bassa) e per spostarsi si servì come sua abitudine, poiché non amava la carrozza, di un cavallo. Nel suo tragitto, come era già capitato al padre, fu sorpreso da quattro banditi che gli intimarono di fermarsi e di seguirlo. Dopo che lo fecero salire su un nuovo cavallo, sfruttando la presenza di una carrozza postale che avanzava lentamente (a bordo erano circa in venti) a ridosso della parete di un colle, scappò dirigendosi verso di loro. Più di un malfattore allora lo prese di mira con la sua arma da fuoco, ma fortunatamente non lo centrò. John chiese quindi aiuto a quei passeggeri di transito per quella via, ma questi, intimoriti dai sequestratori, rimasero immobili. Leone lo raggiunse e lo riprese, e con sarcasmo gli porse le sue scuse per il disagio in cui lo aveva fatto incorrere con quel rapimento.

Mentre veniva tradotto in una spelonca (dalla quale John invierà al fratello la richiesta dei rapitori), in un viaggio che durerà sedici ore, incontrarono un drappello di soldati, ma nel buio della sera passarono inosservati. Il sequestro durò ventidue giorni: nella prima fase, durata nove giorni, l'incalzare dell'esercito nell'area in cui John era tenuto prigioniero non consentì che il riscatto fosse versato (erano state richieste inizialmente ventimila sterline, somma di cui la famiglia rispose di non poter disporre); la seconda fase fu molto più movimentata perché i banditi erano costretti a trasferirsi in continuazione da un posto all'altro per non essere catturati.

Per concludere le trattative i Rose si avvalsero della mediazione di un altro autorevole malavitoso: fu pagata la metà di un riscatto di cinquemila sterline, e Leone liberò John vicino a Sciara, salutandolo cordialmente con quel sarcasmo che aveva connotato l'inizio della vicenda e dandogli un biglietto di terza classe per far ritorno in treno. Nell'immaginario collettivo siciliano questo sequestro trasformò Antonino Leone in una sorta di novello Robin Hood: a Palermo addirittura circolava un canto in vernacolo che recitava così: "Chist'omu valurusu… arrobba a li ricchi… Si viri genti poviri nn'avi cumpassiuni…". Gli Inglesi dell'isola non gradirono questa eco positiva: dell'episodio se ne parlò sul Times, ed il responsabile del Foreign Office di allora (Derby) a dicembre fu sollecitato da un resoconto dei merchant-bankers ivi abitanti a richiedere al regio governo italiano provvedimenti più efficaci contro il fenomeno del banditismo. I consigli degli Anglosiculi a loro volta fecero irritare gli italiani: per loro gli Inglesi si intromettevano indebitamente in fatti di politica interna.

Il marchese Antonio Starabba di Rudinì (che era di Palermo) disapprovava d'altronde l'atteggiamento di omertà che John Forester Rose teneva dopo la sua liberazione. A questa imputazione il Rose rispose con una lettera di smentita sul Times. Leone nel frattempo pensava alle altre duemilacinquecento sterline del riscatto che la famiglia Rose gli doveva dare secondo gli accordi. Andò a trovare due volte la sua ex vittima per sollecitare il pagamento (la prima volta, nottetempo, aveva con sé come dono della cacciagione, in segno di riconoscenza a John che gli aveva promesso un moderno fucile, ma non lo trovò perché era in Inghilterra). Nel 1877, a settembre, Leone venne tradito a Montemaggiore Belsito: un carabiniere gli sparò alla testa e lo uccise. Morirono nella cattura altri due suoi uomini (mentre ne era stato prigioniero John Forester Rose notò che tutti loro portavano una collana con il Crocifisso). Al processo John Forester Rose testimoniò contro di lui. Il Giornale di Sicilia gli dedicò un opuscolo dal titolo Episodi della vita del masnadiere Leone.

Il periodo a cavallo tra l'ultimo decennio del XIX secolo e il primo del XX fu l'inizio della fine dell'eldorado zolfifero siciliano poiché una crisi profonda attraversò questo campo della produzione. La quasi esclusiva gestione delle miniere secondo criteri di interesse capitalistico, con l'utilizzo di tecnologie antiquate e con parametri di sfruttamento dei bacini senza nessuna logica se non quella del migliore guadagno, mise in difficoltà di fronte alla concorrenza dello zolfo statunitense i gabelloti che alla fine si rivelarono in maggioranza pseudoimprenditori.

La crisi iniziò nel 1893, e la gravità della situazione favorì nel 1896 la nascita di un organismo con il compito di riorganizzare e razionalizzare il settore: l'Anglo Sicilian Sulphur Company, la quale se produsse utili risultati per un quindicennio, si dovette arrendere ad una condizione che era divenuta oramai irrimediabile (lo zolfo siciliano, che era partito da una posizione di quasi monopolio, negli anni venti avrebbe inciso per il 10 % circa sul complesso produttivo). A Lercara il disagio provocò ritardi nei pagamenti dei salari: parte dei minatori della ditta Rose Gardner & C., che non percepivano salari da tempo, nel maggio 1901 presentò un esposto al prefetto di Palermo che dispose gli accertamenti del caso. Il contrasto tra impresa e dipendenti, che durò sino alla fine di luglio, si concluse con la promessa della corresponsione di un acconto ai lavoratori.

La Rose Gardner & C. si chiuse con il suo fallimento nel 1906: affrontarono dispute legali, anche con la locale famiglia Pucci, di cui erano soci, perdendo la causa. Villa Lisetta era però proprietà della moglie di John Forester Rose, Elizabeth Gardner, e non poté essere sequestrata. In quell'anno lasciarono il paese nottetempo, in treno, partendo da Lercara Bassa, e si trasferirono nel capoluogo lombardo. Qui Mabel (1883-1964) lavorò come domestica. Ritornò a Lercara dopo la fine della grande guerra per un fugace omaggio al sepolcro dell'amato Attilio Scarlata (1881-1918, nipote e delfino di Giulio Sartorio), tenente caduto al fronte, cenere al quale non ruppe fede. Gli ultimi Gardner infine partirono per gli USA, un ramo dei Rose per il Brasile. Villa Lisetta fu sede della Caserma dei Carabinieri dal 1908 al 1955. John Forester Rose il 23 aprile 1908 offrì i locali della villa al Comune "per essere adibiti ad uso caserma". Il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco Gaetano Furitano, deliberò all'unanimità il 3 maggio 1908 di contattare "il comandante del distaccamento militare per sapere se i locali offerti rispondono o no alle esigenze del distaccamento medesimo". La risposta fu positiva. Nel 1930 la villa fu acquisita al Legato Rotolo.

Negli anni '50 fu sede della Scuola Media. Dalla fine degli anni '50 rimase abbandonata dopo un tentativo di impiantarvi l'ospedale per il quale si costruì un corpo aggiuntivo di stanze. L'entrata che dà sul prospetto della villa fu aggiunta tra le due originarie dopo il 1906, probabilmente nel 1908. All'inizio degli anni '90 è stata restaurata la casetta del custode che è stata sede della condotta agraria.

Il lato del complesso della villa che dà sul prospetto era lungo 77 m, come è giusto ritenere suppergiù per il suo opposto; gli altri due lati erano sugli 80 m.

Questo complesso si estendeva dunque su un'area di circa 6160 mq.

Due contenitori d'acqua, collegati con il serbatoio idrico paesano (la cosiddetta "vasca" di fine '800), erano collocati al terzo piano della casa e al piano sopra la rimessa e la scuderia.

di Danilo Caruso


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Edizione RodAlia - 02/05/2009
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