Associazionismo e democrazia in Alia (1893-1925)
tesi di laurea di Francesco Ferrara
La ricerca condotta sul fenomeno dell'associazionismo ad Alia, ci porta ad effettuare un confronto comparativo degli statuti dei due sodalizi che alla fine dell' 800, dopo la nascita delle diverse congregazioni religiose con finalità
vocazionali (la prima istituita nel 1692), rappresentarono l'unico fenomeno di crescita democratica nella nostra comunità
civile anche se non sconfinarono mai dai limiti del mutuo
soccorso.
Lo studio e l'analisi degli statuti acquistano una
valenza particolare in quanto aiutano a capire come vennero recepiti,
seppur a livello teorico, i grandi temi delle problematiche culturali e politiche del tempo, e come
queste stesse problematiche vennero affrontate nelle libere discussioni
assembleari che rappresentavano la "palestra" di
democrazia di quelle associazioni.
Un principio democratico
regolava l'insediamento delle rappresentanze sociali delle due
associazioni, poiché le cariche erano considerate a termine
e di nomina elettiva ed era prevista una netta distinzione tra
l'assemblea dei soci e gli organi direttivi: presidenza e consiglio. A
parte la difficile situazione che si era venuta a creare alla S.M.S. “Avvenire” per via delle intrusioni «di
quei galantuomini che avevano interessi opposti a quelli dei
lavoratori», appare evidente, comunque, che lo spirito
associativo ad Alia interessava quasi esclusivamente quello che potremo
definire il ceto piccolo fatto di operai e contadini. Cioè
quelle classi a cui spettava, in quel tempo, il dovere di stimolare la
società e portarla a livelli più avanzati, per
loro stessi e per i loro interessi di classe. visto che i
"gabelloti" o li burgisi" non
avrebbero potuto avvertirne l'esigenza, perché la loro
cultura più diffusa e imperniata sui concetti di diritti
doveri, spesso era portata a trascurare gli aspetti della
partecipazione della condivisione e della solidarietà umana.
E ancor meno avrebbero potuto avvertirla i
"metatieri" e i "braccianti", i
quali manifestavano interessi minori limitati alla loro stessa
mentalità che risultava sopraffatta dal volere delle classi
benestanti.
Valutiamo ora quali erano i principi base che
differenziavano gli statuti delle due società, considerando
che spesso alcuni concetti generali erano esattamente ripetuti a motivo
di quel tentativo di emulazione che aveva caratterizzato la
costituzione della S.M.S. "Fratellanza e Lavoro"
(comunemente detta società "nica").
Iniziamo subito col dire che questi appellativi
società "granni" e società
"nica", spesso utilizzati dai paesani per
distinguerle l'una dall' altra, erano stati attribuiti ai due sodalizi
non per evidenziarne le dimensioni dell'immobile della sede sociale, ma
per altre e più valide ragioni. Abbiamo già
visto che la S.M.S. "l'Avvenire" alla sua fondazione,
nel 1893, contava 176 soci effettivi contro i 115 rilevati nella S.M.S.
"Fratellanza e Lavoro".
La
società "granni" disponeva di un capitale
sociale costituito in denaro e cereali, certamente più
consistente di quello della società
"nica"; e nel complesso c'è da
sottolineare che la S.M.S. "l'Avvenire", nel corso
della sua lunga attività, gestì un volume di
capitali così imponente che in un certo periodo la portarono
vicinissima ad effettuare quel salto di qualità che gli avrebbe permesso di trasformarsi in cassa rurale e
artigiana.
Questa posizione di stabilità economica
manifestata dalla società "granni" quasi
mai fu vissuta dalla società "nica", la
quale si trovò spesso a dover fare i conti con situazioni
che la spinsero al limite della liquidazione. Crediamo siano
state queste le ragioni che hanno determinato l'attribuzione dei due
soprannomi che la gente del popolo, attenta ai destini delle
associazioni, aveva voluto legare alle due congregazioni
sociali.
Tra gli scopi essenziali che entrambi i sodalizi si
sono imposti, a parte il mutuo assistenzialismo, vanno sottolineate
l'emancipazione delle classi agricole ed operaie e la diffusione dell'
istruzione popolare per raggiungere un adeguato miglioramento
intellettuale dei soci.
La S.M.S. "Fratellanza e Lavoro" aveva previsto fra i
suoi principali fini la costituzione di cooperative di produzione e
consumo, ponendo particolare attenzione allo sviluppo del lavoro
associato.
Oggi, dato che non abbiamo potuto recuperare la copia originale dello
statuto sociale, non siamo in grado di potere affermare con certezza
che il principio cooperativistico fosse stato inserito già
dal 1897.
Possiamo evidenziare però, dai documenti in nostro possesso,
le modifiche apportate allo statuto sociale nel corso degli anni e il
mantenimento nel tempo degli scopi principali.
Se i vantaggi
della cooperazione agricola - che la Sicilia ebbe a conoscere tra le
prime regioni d'Italia assieme alla Lombardia e all'Emilia Romagna
-furono inseriti già dal 1897, significava che coloro i
quali posero in essere lo statuto della S.M.S. "Fratellanza e Lavoro" avevano individuato nel lavoro associato la soluzione dei molteplici problemi che affliggevano le classi agricole e lavoratrici.
La Sicilia, nel 1800,
utilizzò il sistema cooperativistico come efficace mezzo di
lotta contro l'usura e come veicolo di difesa dai soprusi degli intermediari e dalle inspiegabili recriminazioni avanzate dalla classe
dirigente. Questo principio di associazione cooperativistica non fu
previsto dallo statuto della S.M.S. "l'Avvenire". Ma
come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, entrambi i
sodalizi, in un certo periodo della loro esistenza, si occuparono con
grande operosità di effettuare le affittanze collettive
agricole. Tale attività svolta da entrambi i sodalizi non
ebbe per gli stessi uguale importanza, in quanto la società
"nica" la utilizzò con maggiore frequenza
tanto che in alcuni anni rappresentò l'unica ragione della
sua stessa esistenza. Altra differenza riguardava
l'istituzione di un fondo sociale, previsto dalla S.M.S.
"Fratellanza e Lavoro" e inesistente nell'altro
sodalizio.
La società "'nica" manifestò
sin dall' inizio un elevato interesse alla cura dei destini presenti e futuri dei suoi associati, anche se parecchie volte questi buoni
propositi non diedero i frutti sperati a causa della cattiva
organizzazione interna, sistematicamente lacunosa nel mettere in
pratica le particolari intuizioni inserite nello statuto
sociale.
La previsione dell'istituzione di una previdenza
sociale che interessava singolarmente ogni socio rappresentava una
grande novità che, se fosse stata accettata dall'assemblea
generale, avrebbe sicuramente apportato grossi benefici a vantaggio di
quei soci che, dopo il periodo giovanile vissuto insufficiente
benessere, si trovavano ad affrontare la vecchiaia piena di stenti e,
a volte, nella miseria più assoluta.
Queste
erano forme di lavoro associato predisposte dai sodalizi i quali
prendevano in affitto i grossi feudi. che appartenevano alle classi
nobili del luogo, e li distribuivano ai soci richiedenti, in
subaffitto. a condizioni vantaggiose.
Come già
accennato la società "granni" non aveva
previsto nessun fondo previdenziale, forse anticipando quello che era il pensiero della maggior parte dei lavoratori del tempo, che ad una
prospettiva di benessere futuro, preferivano beneficiare della spartizione degli utili per far fronte agli impegni del momento.
Entrambi i sodalizi avevano previsto l'intervento in soccorso del socio
anziano e inabile al lavoro, ma questo tipo di aiuto, da affiancare ai
principi di mutuo assistenzialismo, non risultò mai
abbastanza sufficienteda permettere al socio interessato di uscire da
quello stato di grave miseria che lo avrebbe accompagnato sino al
termine dei suoi giorni.
Per quanto riguarda le categorie dei
soci i due sodalizi avevano previsto la distinzione tra soci effettivi
e soci onorari, ma risultava prerogativa della S.M.S.
“l'Avvenire” l'istituzione dei soci
azionisti. Questa categoria di soci era ammessa a depositare
denaro nella cassa sociale al fine di percepirne un utile. Si trattava dunque di soci che avevano il solo intento di
"utilizzare" la congregazione a fini speculativi, in
quanto non potevano presiedere all' amministrazione della
società e, anche se erano ammessi a partecipare alle
riunioni assembleari, non avevano diritto a manifestare la propria
opinione in merito agli argomenti in essa
trattati. Nell'ottica della costituzione della S.M.S.
"Fratellanza e Lavoro" i soci azionisti non trovarono
spazio perché, questa struttura sociale organizzata, era
stata ideata al fine di accogliere esclusivamente soggetti appartenenti
al ceto medio-basso, sicuramente non in grado di partecipare, con
versamenti di quote a fini speculativi, all'attività sociale
in qualità di socio azionista.
Nello statuto della
società "nica" veniva, inoltre, richiesta
esplicitamente l’esibizione del certificato di nascita da cui risultasse l’appartenenza al sesso maschile dell' aspirante
socio. Questa particolarità non si riscontrava tra i
principi fondamentali della società
"granni", e non siamo in grado di potere affermare se
questa caratteristica fosse stata mai chiesta nel corso degli anni.
Dato che tra gli elenchi a nostra disposizione non abbiamo rilevato
presenze femminili, e che si era ben lontani dal riconoscimento dei
diritti fondamentali alle donne, possiamo dedurre che pur se non
specificatamente previsto anche a S.M.S. "l'Avvenire"
creò qualche barriera per bandire l'ingresso delle donne nel
sodalizio. L'aspirante socio che avesse voluto entrare a far parte
della S.M.S. "Fratellanza e Lavoro" doveva allegare
alla domanda d'ingresso un certificato medico rilasciato dopo un'
accurata visita dal medico sociale. Nel dettato dell'art.5 punto c
dello statuto della società "nica",
venivano evidenziati due particolari non riscontrabili nel documento
normativo della società "granni": una era
la richiesta del certificato medico; l'altra era la previsione del
medico sociale. La presentazione del certificato di sana e robusta
costituzione fisica serviva per reclutare dei soci in grado di affrontare, senza problemi, il duro lavoro dei
campi.
Ricollegandoci al fatto che la principale
attività della S.M.S. "Fratellanza e
Lavoro" era l'affìttanza collettiva agricola,
appare giustificata l'attenzione rivolta dal sodalizio alla condizione
fisica dei soci, i quali se non godevano di una discreta costituzione
fisica venivano rifiutati dalla società. La previsione di
simili caratteristiche poteva essere anche richiesta per il fatto che
il sodalizio volesse evitare l'ingresso di soci non perfettamente in
salute che potessero, una volta entrati a far parte della
società. avanzare l'istanza per ottenere la concessione di
sussidi vitalizi a danno delle casse sociali.
Per la gestione di questo particolare aspetto, la società aveva previsto la
figura del medico sociale (figura professionale non presente nello
statuto della S.M.S. "l'Avvenire"), il quale,
inquadrato con un incarico stabile da rinnovarsi annualmente, doveva
prestare la propria professionalità al servizio del
sodalizio per garantire l'esecuzione delle visite, e il rilascio del
certificato medico richiesto per l'ingresso nella congregazione sociale. La società "granni" non inserì
queste disposizioni statutarie probabilmente perché
non le ritenne indispensabili per lo svolgimento della propria
attività sociale che era indirizzata a sfruttare al
massimo, con la concessione dei mutui, le potenzialità
economiche raggiunte.
Il quarto capoverso dell' art. 8 delle
disposizioni statutarie della S.M.S. "l'Avvenire",
stabiliva e specificava che per entrare a far parte del sodalizio
bisognava appartenere alla classe agricola o operaia. Stesse
caratteristiche erano richieste ai soci della S.M.S.
"Fratellanza e Lavoro".
Se a livello teorico
i due sodalizi risultarono concordi nel predisporre la previsione
normativa con il vincolo dell' appartenenza alle classi operaie e
contadine, detto principio non risultò così
facilmente applicabile (almeno per quanto riguarda la
società "granni") nella realtà.
Sin dal primo momento della sua costituzione, la S.M.S. "l '
Avvenire" accolse nei suoi ranghi individui che nulla avevano
da spartire con le classi previste dallo statuto. Ricordiamo che
l'avvocato Matteo Teresi, "aliese, tipica figura di socialista
italiano di inizio 900, disposto a mettere la propria cultura a
servizio della morale e degli umili con la quale riuscì ad
esercitare una forte influenza sui contadini”,
manifestò aspramente il proprio dissenso sulla condizione
sociale di un corposo numero di soci, i quali,
“infiltrati” e mescolatisi con gli operai e i
contadini, mettevano in pratica azioni in contrasto con gli interessi
dei lavoratori. Egli, promotore del cooperativismo e del lavoro
associato, fu proposto per ben due volte tra gli aspiranti soci della
S.M.S. "l' Avvenire", ma regolarmente ottenne voto
contrario da coloro i quali lo ritennero pericoloso per i loro stessi
interessi e per le sue idee che diffondeva nel
popolo.
Rifiutato da quegli elementi che si erano impossessati
dell'associazione operaia, egli stesso non accettò una
seconda candidatura ad aspirante socio facendo ritirare la richiesta
che era stata presentata da un buon numero di soci che condividevano le
sue idee. Fu acclamato, invece, ed entrò a fare parte della
società "nica", la quale, a differenza
della S.M.S. "1'Avvenire", mostrava una situazione
interna perfettamente compatibile con le idee innovative dell'avvocato
Teresi e soprattutto risultò formata da veri operai e
contadini. Egli non riuscì, nel breve periodo in cui ne fece
parte, a mettere in pratica i vantaggi del cooperativismo e del lavoro
associato perché presto dovette fuggire dal suo paese per
rifugiarsi in volontario esilio negli Stati Uniti d'America; ma
certamente contribuì attraverso le sue idee a trasmettere ai
soci della S.M.S. "Fratellanza e Lavoro", quella
mentalità che creò i presupposti per stabilire i
principi cooperativistici inseriti nello statuto sociale. Non in linea
con gli orientamenti delle due società ci appaiono le
disposizioni normative che prevedevano per entrambi la data di inizio e
di chiusura dell' anno sociale.
Abbiamo già
analizzato come le scelte di ognuna di esse si indirizzavano verso
quegli obiettivi che sembravano più facilmente raggiungibili
dalla predisposizione stessa dei due organismi
societari. Risulta inspiegabile il fatto che la
società "granni", che aveva strutturato la
sua gestione sullo sfruttamento dei capitali accumulati, non
avesse modificato l'art.121 dello statuto che stabiliva
rispettivamente nel l° Ottobre e nel 30 Settembre la data
d'inizio e di chiusura dell'anno sociale.
Le date inserite
nell' art.121 dello statuto societario risultavano essere
più compatibili ad un' organizzazione sociale che cercasse
di sfruttare la propria attività per scopi prettamente
agricoli, in quanto l'annata agraria comprendeva proprio quel periodo.
Per tali motivi sarebbe stato più opportuno che il sodalizio
fosse intervenuto a modificare le date dell'inizio e della chiusura
dell'annata sociale, portandoli al l° Gennaio e al 31 Dicembre
(periodo quest'ultimo più consono all'attività
svolta dalla società stessa). Allo stesso modo ci appare
strana la mancata revisione del disposto normativo incluso nell'art.98
dello statuto sociale della S.M.S. "Fratellanza e
Lavoro", il quale prevedeva la data di inizio e di chiusura
dell'annata sociale dallo di gennaio al 31 di dicembre.
L'attività svolta da questo sodalizio risultò
essere per parecchio tempo lo sfruttamento attraverso le affittanze
collettive dei terreni agricoli; e dunque, un'attività
strettamente collegata all'annata agraria. E' inspiegabile come
mai, anche in questo caso, il sodalizio non fosse intervenuto a
modificare le date di inizio e chiusura dell'anno sociale, che
sarebbero risultate più compatibili con il tipo di
attività svolta se prevista rispettivamente nel 1°
di Ottobre e nel 30 di Settembre.
Per la concessione dei
sussidi, in caso di malattia, le due società non avevano
scelto una linea conforme. La S.M.S. "l ' Avvenire"
aveva previsto che il socio infermo, avesse riconosciuti i diritti di
assistenza sin dal primo giorno di malattia, con la
possibilità di percepire da subito il sussidio che veniva
stabilito nella misura dal Consiglio direttivo. Inoltre, non
era prevista nessuna limitazione o riduzione dell'aiuto accordato, se
il socio debilitato fosse "incappato" in un'
eventuale ricaduta nel corso dell'anno. La previsione normativa della
società "granni" non fu seguita dalla
S.M.S. "Fratellanza e Lavoro".
Per la
società "nica ", il riconoscimento del
diritto di assistenza, previsto dallo statuto sociale, stabiliva che la
durata della malattia dovesse superare almeno i 5 giorni e che
lo stesso socio potesse usufruire del sussidio non prima del 6°
giorno di infern1ità. Detta assistenza in nessun caso poteva
eccedere la cifra di lire 100 annue. La società
"nica" aveva previsto che, il socio che aveva
ricevuto un sussidio subiva la decurtazione del 5O% dell'assistenza
precedentemente accordatagli se, dopo aver riacquistato la forma fisica
fosse stato soggetto a ricaduta nel corso del medesimo anno. In tal
modo non veniva preclusa la possibilità concessa al
Consiglio di dispensarlo dal versamento della contribuzione
annuale. I limiti di età imposti dagli statuti per
l'ingresso nei ranghi dei due sodalizi prevedevano: minimo i 21 anni e
massimo i 60 anni per la società "granni";
e, rispettivamente i 16 e i 5O anni per la società
"nica" La differenza di età
richiesta dai sodalizi poteva essere spiegata dall' esigenza in capo
alla società "nica" di avere dei soci
più giovani, maggiormente predisposti all'impiego nel lavoro
agricolo.
In ultimo, per concludere la comparazione tra i due
sodalizi dobbiamo rilevare che la S.M.S. "Fratellanza e
Lavoro" a differenza della S.M.S.
"l'Avvenire" aveva previsto, nel caso in cui si
presentavano le condizioni per un eventuale scioglimento della
società, che tutti i beni mobili ed immobili appartenenti
alla stessa fossero devoluti alla locale congregazione di
carità. I due sodalizi furono accomunati dal
desiderio di migliorare la condizione economica e morale degli operai e
dei contadini, cioè di quelle classi che a quel tempo
dovevano fare i conti con la schiacciante sopraffazione dei padroni e
con i gravi problemi legati all'usura.
Essi trovarono nelle
nascenti associazioni organismi di tutela dei loro diritti fondamentali
e di sperimentazione democratica nel civile confronto delle espressioni
delle proprie idee. La struttura sociale organizzata serviva
come mezzo per il loro progresso culturale. I contadini impegnati nel
duro lavoro dei campi aspettavano la domenica per frequentare la
"sucità", dove si incontravano gli amici, si discuteva, si partecipava alle riunioni assembleari, si era
chiamati a pronunciare la propria posizione sull'argomento
trattato nell'ordine del giorno.
Questi aspetti di spirito
associazionistico e di emancipazione culturale e democratica furono
vissuti dalla gente del luogo positivamente e crearono le basi per uno
sviluppo sociale che rese cosciente il popolo aliese delle sue
potenzialità. La prima fase di sviluppo operativo
delle due associazioni decretò lo smembramento dei comuni
intenti iniziali. E pur rimanendo come scopo principale il mutuo
assistenzialismo, per entrambi si manifestarono destin diversi: la
società "granni", economicamente stabile,
indirizzò i propri servizi verso lo sfruttamento dei
capitali; mentre la società "nica",
economicamente sofferente, cercò di applicare, lo sviluppo
del lavoro associato per elevarlo in un secondo tempo a scopo
principale della sua stessa attività.