Alfonso Giordano: filantropo e politico (1843-1915)
Discorso di Nicolò Sangiorgio, pronunciato nella locale Biblioteca comunale il 10 agosto 2004, in occasione dell’Incontro di Studi “Alfonso Giordano 1843-1915. La medicina sociale e l’impegno culturale nell’800”, presieduto dal sindaco Gaetano Licata.
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Colui che l’11 gennaio 1843, alle ore 15 circa, ebbe la ventura di transitare per la via, oggi Alfonso Giordano, ha sentito sicuramente il vagito di un neonato, ma non poteva prevedere che quel bambino sarebbe divenuto “l’uomo della provvidenza”, specialmente per i lavoratori delle miniere di zolfo.
Da Giuseppe Giordano, medico- fisico, e da Maria Miceli, era nato il nostro Alfonso.
Visse nel quartiere “della Croce” in cui potè conoscere direttamente la misera e desolata condizione degli zolfatai e dei lavoratori della campagna. Si dedicò allo studio con passione e serietà, ed ebbe fra i compagni Giuseppe Pitré; si laureò nell’Ateneo di Palermo dove ritornò da Docente.
Seguì con entusiasmo il fermento risorgimentale e le vicende romane, e da attento osservatore analizzava con giudizio critico e costruttivo gli avvenimenti, sia locali che internazionali. Fu estimatore di Giuseppe Mazzini; voleva unirsi ai garibaldini, ma essendo minorenne, il padre glielo impedì segregandolo per circa tre mesi.
Profondo conoscitore delle problematiche e dei requisiti necessari per una convivenza pacifica dei popoli, intuiva in maniera molto chiara la direzione verso la quale la società si incamminava.
Esordì a ventiquattro anni, nel 1867, appena laureato in medicina, con il libretto “La Lega dell’insegnamento, appello agli italiani”, proseguendo, ininterrottamente, sino agli ultimi anni di vita, con uno stile sobrio, elegante, accurato ed una “vis” comunicativa coinvolgente, manifestando un forte umanesimo. I suoi scritti sono la sublimazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
Dotato di grande sensibilità, si compenetrò della situazione delle classi più deboli con le quali, nello svolgimento della professione, entrava in relazione, ne pubblicizza lo stato di estrema povertà e soffre per il degrado igienico, economico, morale e spirituale. Il sentimento di condivisione e di amore verso gli altri lo indusse a denunciare con competenza e vigore cause e responsabilità, sia nelle sedi competenti sia attraverso le pubblicazioni. Un “dovere” al quale dedicò tempo, professione e patrimonio, che concretizzò nella istituzione di organismi idonei a dirimere endemiche anomalie; in definitiva, egli trasferiva in questi e nella quotidianità, i principi filantropici espressi energicamente nella ricca ed eterogenea produzione letteraria.
1 - Nel 1871 fonda “La società operaia Fratellanza e Lavoro”. Trascrivo un breve stralcio del discorso inaugurale pronunciato il 4 giugno (Tipografia G.B. Gaudino,Palermo, 1871, 3).
“Il giorno in cui vedonsi sorgere attraverso gli agi del civile consorzio, opere di pubblica beneficenza, istituzioni dirette ad asciugare le lagrime della sventura, a ritemprare nel bagno salutare della carità privata i miserandi figli del popolo, è giorno di trionfo per l’umanità, di luminoso progresso per gli ordini civili”.
Il primo marzo 1886 crea “La cassa di soccorso fra i solfatari in Lercara”, progetto respinto dall’Amministrazione comunale e, poi, patrocinato dalla società Rose & Gardner, ed in proposito afferma :” …che (la Cassa) tra le prime di queste istituzioni in Sicilia puossi considerare il vivaio di altre consimili nelle principali coltivazioni minerarie dell’isola nostra”. Prosegue dicendo: ”Ma cotesti nobili ideali, che incarnano le supreme aspirazioni e gli urgenti bisogni del popolo nostro, non saranno mai realizzati senza l’unità di vedute e d’intenti, generati dalla concordia di tutte le intelligenze e di tutti i voleri, di quella pacificazione degli animi, che da un capo all’altro della nostra penisola s’impone come necessario mezzo alla soluzione del problema sociale…”
La Cassa provvedeva all’assistenza sanitaria e pecuniaria in caso di infortunio o malattia e alla corresponsione di una pensione alla vedova dell’operaio deceduto per causa di lavoro. Questo istituto, e la pubblicazione de “Il progetto di legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli”, del 1881, lo pongono fra i precursori della medicina del lavoro e dell’assistenza e previdenza.
Aderì alla costituzione della società anonima “L’avvenire industriale di Lercara”; tra i firmatari, Jhon Forester Rose e monsignor Giuseppe Marino. E qui mi piace sottolineare l’amicizia e la stima che intercorreva tra questi e il Giordano; si scambiavano con frasi di reciproco rispetto le pubblicazioni, pur se in consiglio comunale, a volte, manifestavano opinioni contrastanti.
Avviò la prima scuola per gli emigranti ed attuò corsi serali per gli operai. Approntò a proprie spese un ospedaletto aperto a tutti gratuitamente, nel quale fu collaborato da altro scienziato, suo amico, il professore Francesco Rosolino Fazio, di Roccapalumba. Da Delegato scolastico auspicò l’asilo infantile, le conferenze domenicali e la biblioteca popolare, che inaugurò nel 1873, pronunciando un’allocuzione che, oltre ad essere una composizione lirica, è l’esaltazione della funzione del libro, strumento di progresso dell’umanità, che definisce “potente leva del perfezionamento sociale”.
Egli spera che la biblioteca “Sia lo scoglio dove vadano a rompersi le politiche passioni, e dove si spezzino le armi avvelenate d’ogni cittadina scissura: sia un terreno di pace, di concordia, di ricambio dei più intimi affetti…”. E conclude: “Il libro svela che, a traverso l’alterna successione dei tempi, una mano arcana ed invincibile, la mano di Dio, sovranamente impera sui destini dell’umanità”.)
Per la solenne distribuzione dei premi agli alunni (1872) declamò. (Tipografia Oretta, Palermo, 1872):
“Ogniqualvolta mi si offre la fortunata occasione di trovarmi in mezzo a queste tenere creature su cui follemente si aggira l’età dell’oro, allorché io veggo sulle loro infantili pupille splendere i primi lampi del sapere e sorridere le virtù del cuore …, e quindi bearmi nella dolce fragranza dei loro effluvi; quando mi è dato assistere all’omaggio che rendesi a questi fanciulli in premio degli ubertosi frutti da loro accolti nel campo della mentale scultura, il mio animo, da insolita gioia spinta si orna a tutta festa e col divino Alighieri esclamo:” Che di vederli in me stesso n’esulto” .Nella rivista “Il Lavoro delle zolfare” del 1876, stampata a Palermo dall’Ufficio Tipografico diretto da G.B.Gaudino, a pagina 3 puntualizza: “In questo momento in cui ferve vivissima la lotta fra gli uomini inspirati ai sentimenti di umanità e di benessere sociale, e coloro che per un malcompreso spirito di guadagno, o per infecondi principi scientifici, intendono nascondere od attenuare le non poche irregolarità, che a danno della salute e della vita degli operai avvengono nelle zolfare lercaresi, uno scritto come quello che siamo lieti di annunziare, non poteva riuscire più opportuno e più utile”. Sono evidenti nelle sue espressioni il coraggio della denuncia e i principi cristiani che si sostanziano nella concezione della sacralità dell’uomo, e quindi, del lavoro e della salute.
Un’anima limpida e spirituale quella del Giordano, un uomo orientato al nuovo, un “riformista”, uno spirito inquieto perché assetato di pace, di concordia e di armonia universale, quasi un antesignano del pensiero di Giorgio La Pira; un uomo che, senza fregiarsi dell’etichetta di “cattolico”, ha incarnato la Dottrina sociale della Chiesa.
2 - S’incontrava di persona o epistolarmente con uomini di rilievo; collaborava al “Gazzettino di Lercara”, pubblicato dal 1880 al 1884, i cui primi nove numeri furono stampati a Lercara, scrivendovi a puntate: “Cenni storici su Lercara” e “L’industria solfifera lercarese e il progetto di legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli”.
Espletò anche il servizio di assicuratore, come risulta nel numero 2 di detto giornale, dell’anno 1880: “Reale Compagnia Italiana – assicurazioni generali sulla vita dell’uomo – agente in Lercara il cav.dottor Alfonso Giordano”.
Dedito com’era alla ricerca del passato, raccolse reperti archeologici rinvenuti nel corso della posatura della condotta idrica nei pressi della chiesa di san Francesco Saverio.
Contemporaneamente, effettuava ricerche nel laboratorio approntato in casa, situato nella stanza contigua alla saletta d’ingresso, portando nell’intimità della propria dimora materiale a rischio; e sperimentava le qualità terapeutiche dell’acqua sulfurea– “acqua mintima” – affermandone, per averlo verificato, “l’incontestabile efficacia nelle malattie parassitarie della pelle, l’erpete, la sifilide costituzionale, il reumatismo cronico, alcune affezioni gastriche”,così leggo in un manoscritto di cui conservo la fotocopia.
L’opera benefica del Giordano è attestata, altresì, dalla scrittrice Jessie White, nel resoconto del suo soggiorno in Sicilia, 1890/91, dal titolo “Le miniere di zolfo in Sicilia” (in Nuova Antologia di Scienze, Lettere e Arti dell’uno febbraio 1894 a pagina 447) in cui scrive compiaciuta: “Ritornati qualche mese dopo (a Lercara) … ebbi la fortuna di fare la conoscenza del dottor Alfonso Giordano, il quale si è occupato primo e più di ogni altro, dell’igiene dei solfarari e di lenire il lavoro dei carusi”.
3 - Agli impegni professionali e umanitari, nel 1872 si aggiunsero gli obblighi di famiglia, avendo preso in moglie Rosalia Caterina Nicolosi, dalla quale ebbe cinque figli, i cui discendenti, alcuni dei quali qui presenti, hanno continuato a dare lustro al “casato”. Il professore fu persona generosa; fra l’altro, si tramanda che quando si recava in visita portava con sé degli spiccioli e quanto poteva sottrarre alla dispensa di famiglia, che donava agli ammalati.
Per renderci conto delle difficoltà affrontate dal Giordano, bisogna trasferirci con l’immaginazione in quell’epoca nella quale erano notevoli le distanze, lenti i mezzi di comunicazione per favorire l’interscambio dei molteplici aspetti della realtà, inadeguate oppure primordiali le strutture diagnostiche, era di nocumento alla vista leggere a lume di candela e i congressi non erano sponsorizzati dalle Case farmaceutiche. Pertanto, a mio parere, appare riduttivo accreditare al Giordano soltanto l’attributo di filantropo, poiché, avendo propugnato con tenacia un ideale sociale e morale ed esercitato la professione con dedizione assoluta, merita, in aggiunta, il riconoscimento di “apostolo”.
4 - Il Giordano spese le sue energie anche in politica, fiducioso di potere perseguire con maggiore efficacia il benessere della collettività. Egli, però, fu uomo libero e illuminato, aperto alla tolleranza, ottimo laico. Ritengo che volergli dare una collocazione politica limiti la sua personalità, poiché non operava in funzione di un’appartenenza, ma spinto dall’amore per l’Umanità. Il suo periodo politico, malauguratamente, fu tormentato poiché l’uomo di cultura non sa districarsi nei meandri del compromesso e non può accettare la logica del profitto; tuttavia, i contrasti politici non fecero vacillare i suoi ideali, semmai, lo mortificarono.
In quel tempo e per decenni, il potere dell’Amministrazione locale era conteso da due famiglie, i Sartorio e i Nicolosi, le quali adoperavano qualsiasi mezzo per danneggiarsi vicendevolmente; il Giordano apparteneva a quest’ultimo raggruppamento. Dopo anni di partecipazione come consigliere, nel 1876 venne nominato sindaco a seguito di ricorso, pur essendo osteggiato da Nicolosi Giovanni (suo zio).
Ammirevoli le motivazioni addotte dagli uffici competenti, come trascrive Giuseppe Mavaro in “Lercara “città nuova”, volume II (Herbita editrice, Palermo, 1989, 85). Il Prefetto :”…Io non so se il cav. Alfonso Giordano potrà resistere contro la opposizione del Nicolosi, attuale sindaco, ma stimo bene sottrarre il paese dall’autorità di costui…”. Il Pretore puntualizza: “Il Giordano…è intelligente, esperto, probo…medico distinto, esercita la sua carriera più che per interesse, per filantropia…nelle di lui proposte si ravvisa l’interesse del Comune e il rispetto delle leggi …in molte circostanze si è manifestato incapace di tradire la sua coscienza per secondare gl’interessi del partito che segue”.
Ciononostante, il Giordano, nello scrivere la cronaca dal titolo “Pasqua 1848”, in cui storicizza un fatto di sangue contro i Nicolosi da parte del popolo, attenuò l’asprezza dei giudizi, sostituendo aggettivi e verbi. Lodevoli le affermazioni esternate nella seduta di consiglio del 23 agosto 1895, in cui fa “appello alla concordia, alla fratellanza generale di tutti per il bene del paese”; e più avanti dichiara di essere “lieto che tale intendimento corrisponde al sentimento dell’animo suo di lasciare cioè ogni rancore con una buona stretta di mano”.
Un atteggiamento conciliativo che ne esalta la statura intellettuale e morale.
La sua autorevolezza è conclamata in un altro episodio del 15 giugno 1902, quando, a seguito di una sommossa di minatori che non avevano ricevuto il salario, venne designato in una commissione “per studiare i rimedi per una giusta soluzione”.
Il 7 ottobre 1902 fu chiamato a ricoprire, per la seconda volta, la carica di primo cittadino ricevendo il voto di 19 consiglieri su 21, essendosi egli astenuto, ed accettò la nomina incoraggiato dal sostegno sia della maggioranza che della opposizione, le quali, poco alla volta, vennero meno alla promessa e il 16 settembre 1903 dovette dare le dimissioni.
Ecco un passaggio del discorso di insediamento (Mavaro, cit., 195) :
”Non dissimulando a me stesso le difficoltà della carica e riconoscendo impari le mie forze in confronto a quelle dei miei predecessori….attingo forza ed ardimento dal vedere qui radunati le più specchiate individualità … oggi in amplesso fraterno abbracciati e diretti a pugnare le aspre…battaglie per il pacifico trionfo della morale, del diritto, della giustizia”. E conclude: “Non bramosia di guadagni e di onori mi spinge all’ardua impresa, ma il desiderio vivissimo di portare il mio concorso alla grande e nobile opera della pacificazione sociale…”.
Trascrivo alcune delle opere eseguite durante il mandato: l’erezione del monumento a Umberto I°, la illuminazione pubblica a gas acetilene, l’istituzione della vigilanza tecnica veterinaria e il dispensario per la cura dei tracomatosi; l’apertura e il funzionamento dal giugno 1899 del dispensario per gli solfatai anchilostomiaci, nel quale in sei mesi curò 640 operai; su tale argomento, nella relazione “Solfatari anchilostomiaci curati in Lercara” (Stabilimento tipografico fratelli Nobile, Palermo, 1901) a pagina 11 precisa con soddisfazione:
“Queste cifre sono abbastanza eloquenti per dimostrare quale grado di diffusione abbia raggiunto a Lercara la malattia e come con limitatissimi mezzi, tolti dalla carità cittadina, si sia ottenuto l’insperato successo nuovo (crediamo) nella storia delle epidemie, di sottrarre a morte quasi inevitabile sì gran numero d’infermi”.
Inoltre, approva il regolamento interno del Consiglio, appalta la costruzione della Chiesa del Cimitero, contribuisce alla costruzione del campanile della chiesa di sant’Antonio, pone due lapidi commemorative alla parete esterna del palazzo delle Scuole, e appone le targhe alle vie e alle piazze. (In merito, suggerisco al signor Sindaco di inserire nelle targhe che ricordano i personaggi, l’anno di nascita e di decesso, e l’attività preminente, onde suscitare nei giovani ammirazione ed emulazione).
Significativo il richiamo alla carità e alla fratellanza, termini ricorrenti, solitamente negli ambienti religiosi, che fanno intravedere un cuore puro ed aperto al perdono.
Un grande, il Giordano !
5 - Per l’opera scientifica, umana e filantropica lo scienziato ha ricevuto molte onorificenze, fra le quali la Commenda della Corona d’Italia, il cavalierato Mauriziano, medaglie d’oro offerte dai minatori, l’appartenenza ad Accademie e Società, italiane ed estere, ed la “laurea Honoris causa” dell’Università La Sorbonne di Parigi. (altro Alfonso, nipote, anatomo-patologo, nel 1977 riceveverà analogo riconoscimento presso la medesima Università, oggi titolata a Pierre e Marie Curie). Il 2 ottobre 1877 la Société Française d’Hygiène di Parigi lo nomina “Membre Associé Etranger”, e il 9 giugno 1878 l’Accademia Medica di Roma lo accoglie come socio.
La sua fama varcò i confini d’Europa. Le comunità lercaresi dell’Argentina e del Nord-America, che in quelle terre lontane realizzarono le Casse di Soccorso “giordaniane”, per gratitudine, lo nominarono socio onorario e gli assegnarono medaglie d’oro e diplomi.
“L’uomo della provvidenza” si spegne alle ore undici del 15 luglio 1915. A suo nome la città di Palermo ha titolato la via che costeggia il complesso del Policlinico; Lercara ha eretto un busto in bronzo in piazza Garibaldi e dedicata la via dove nacque e visse; i minatori hanno posto una lapide alla parete esterna della casa natale, nella quale si legge:
“Questa casa / che per lungo ordine di anni / testimone dell’opera santa di Alfonso Giordano / medico e filantropo / i minatori riconsacrati alla vita / benedicono – 15 luglio 1918”.
Nel 1984 l’Amministrazione comunale istituì dei premi di laurea a suo nome.
Da quanto brevemente relazionato emergono tangibili e rilevanti gli effetti positivi dell’azione del Giordano nel processo di maturazione socio-politico e culturale della nostra cittadina, (processo che, peraltro, ha caratterizzato l’Ottocento lercarese) in quanto è incontestabile che egli, evidenziando il misero stato dei ceti disagiati e indicando rimedi e soluzioni, ne sottolineava la dignità; e caldeggiando l’importanza e l’esigenza dell’istruzione, inculcava un nuovo modo di osservare la società, suscitando l’anelito di riscatto.
Certo, se fosse prevalso il buonsenso, una lunga sua gestione della “cosa pubblica” avrebbe modificato, probabilmente, la storia della cittadina.
A pieno titolo, quindi, il Giordano è da considerare “Illustre Figlio di Lercara”, e, ritenendo l’affermazione unanime certezza, mi permetto proporre la traslazione le sue spoglie mortali dal Cimitero alla Chiesa Madre.
da sin. Nicolò Sangiorgio, Rosolino Di Marco, Alfonso Giordano, Gaetano Licata, Pierluigi Giordano, Nino Barraco.
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