Già, ti
prego di
tenere presente — non l'avrai a male — che mi chiamo così: "padre
Barcellona" e non "Rev.mo Monsignore ". (dal P.S. di una lettera a
pag.169 dello "Epistolario"a cura di P. Paolo Iovino).
L'ultima
volta che ti vidi avevi gli occhi chiusi, ma stringevi, ancora, il tuo
Libro, con tale naturalezza che non sembrava, proprio, che te lo
avesse accomodato, tra le mani, teneramente, un tuo familiare...
Dormivi e non avevi più niente da dirmi... Finalmente, per una volta,
ti avevo colto immerso nel sonno.
Le volte precedenti, ti avevo
visto sempre sveglio, seppur con l'aria di un astronauta, reduce dallo
spazio, e riprendevi, con i soli occhi, goliardicamente complici,
discorsi che duravano ormai da gran tempo, da quando svolgevi, nei
miei confronti, la doppia funzione di padre spirituale e di padre, a
tutti gli effetti, e nonostante la numerosa figliolanza, mi facevi
sentire un pulcino privilegiato... Senza questa sensazione, come avrei
potuto nutrirmi in quel nido d'aquile cefaludense?!
Le altre
volte, comunicavi con me, coi soli occhi, sostenuti da sequenze
locutorie non ben definite, ma atte a sbrecciare il muro della
memoria... Alludevi alla sequela di circostanze estive godute a Santa
Lena, o seduti attorno a un odoroso e sostanzioso desco, in un interno
rustico, o sotto gli alberi, nelle ore meridiane, a consumare vivande
e a scambiarci allegri, salutari, prosit... .
Tu che, a
coronamento dei tuoi studi alla Cattolica, avevi discettato su San
Basilio, anzi, avevi dialogato con San Basilio, ci confessavi, nel
corso di siffatti, gioiosi, convegni, che proprio a Santa Lena,
più che nelle sedi accademiche, avevi avuto modo, eziandio, di
approfondire la poesia di Teocrito, per la possibilità di
sperimentare, colà, le intime correspondences tra
il mondo agreste e bucolico, cantato dal presunto siracusano e quello
di cui la campagna santalenese era parte.
"Ti
ricordi?"- mi dicevano i tuoi occhi -, quando, nella sagrestia di San
Giuseppe, dopo la messa e prima della colazione, mi mettevi sotto il
naso un brano di greco, contro cui avevi battuto il capo? O quando mi
venivi a trovare, a casa, per il Tedesco, perché tu potessi affrontare,
serenamente, l'esigente Marmi, assistito dal tuo padre spirituale e,
nel contempo, da chi, in quel di Monaco di Baviera, aveva respirato
l'aria della terra dove era nato e già cresceva (/che lo raccolse
infante e lo nutriva/) il futuro papa Ratzinger ?...
"Ti
ricordi?", mi dicevano i tuoi occhi buoni, la bocca abbozzando sequenze
di parole tronche e sincopate, ”Per cinquant’anni e più il Cefalino,
figlio segreto di Kefaloidion, ha portato acqua al Lavatoio Medievale,
e, per altrettanto tempo, ha brontolato il mare, retrostante il
Seminario, quando, riuniti in cappella, nelle varie ore del giorno, e
prima di andare a dormire, cantavate, in latino, i dolci inni, a Dio e
a Maria, e qualche dissonanza, in un accento o in una desinenza, come
padre spirituale, perdonavo, ma, come latinista, a corollario dei
canti, stigmatizzavo.
"Ti ricordi, insomma, di quello che ti ho
dato?!...", mi dicevano i tuoi occhi intelligenti.
"Ti ho dato un amore, in esclusiva, per quanto condiviso, come padre e
madre a numerosa prole, ti ho fatto crescere intellettualmente e
spiritualmente, ho sempre sostenuto la tua fede traballante, ora più
che mai con la mia tacita e sofferta performance,
e tu hai fede, perché io ho avuto fede... Poche volte mi meravigliai
di questo mio figlio, e, per un momento, l'ho considerato perso:
quando, incontrandolo alla Stazione (io ritornavo a Cefalù da Alia,
lui, ad Alia, da Palermo), ostentava un libro di uno scrittore
anticlericale, troppo becero e prevenuto per vederlo nelle sue mani, o
quando, al trattenimento delle nozze di mio figlioccio Francesco, mi
chiese quale prevedevo fosse il mio futuro, ed io, prontamente, -Come
Dio vorrà! - gli risposi ...
Peraltro, l'ho sempre riconosciuto come amato e atteso figlio, anche
quando la malattia metteva a dura prova la mia memoria…”..
Didacus
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pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia "LA VOCE", nr.2/06, pag.3