Profumo di "urciddata" per le strade locali
Profumo di "urciddata" per le
strade locali
Gli
ingredienti per
un chilogrammo di farina erano e continuano ad essere: 300 grammi di saimi
(strutto), 350 grammi di zucchero, latte quanto basta, un pizzico di
cannella macinata, 10 grammi di ammoniaca e tre uova, ma... esistono
altri segreti che solo le nostre massaie conoscono e sanno mettere in
pratica.
Cari lettori, il Natale è ormai alle
porte e un'aria di festa, che porta con sè armonia e serenità, si
respira per le vie del paese. È proprio nelle feste, e soprattutto in
quelle religiose che ogni popolo manifesta la sua storia plurisecolare,
il suo spontaneo modo di essere e di fare che si evidenzia anche a
tavola. Quelle lunghe “tavolate" di cui oggi resta spesso solo il
ricordo nei più anziani, erano una sinfonia di colori e di sapori in
una intimità calda e riposante. E anche se su quelle tavole imbandite
mancavano cibi prelibati e pietanze raffinate, non mancava l' affetto
familiare che vedeva riuniti grandi e bambini in un'atmosfera serena e
festosa. La gastronomia natalizia è molto ricca di piatti saporiti, ma
dove veramente la cucina raggiunge il suo apice è nel campo dei dolci,
là dove crea degli autentici capolavori di arte culinaria.
Se
di dolci si parla, non posso non farvi “gustare" il dolce natalizio per
eccellenza “lu urciddatu". La preparazione di “li urciddata" vedeva
riunite tutte le donne di casa, ed era lunga, laboriosa e faticosa. La
tradizione di “li urciddata" fatti in casa per fortuna non è andata
completamente perduta e la maggior parte delle famiglie aliesi suole
prepararli ancora in casa.”Li urciddata" venivano prima fatti solo di
fico, soltanto in tempi relativamente recenti anche di “chinu" ovvero
di mandorle.
La preparazione si svolgeva in due momenti diversi:
il ripieno, infatti, doveva essere già pronto da qualche giorno quando
veniva preparato l'impasto. Con le dovute varianti, di famiglia in
famiglia.
Gli ingredienti usati per un chilogrammo di farina
erano e continuano ad essere: 300 grammi di “saimi" - strutto - , 350
grammi di zucchero, latte quanto basta, un pizzico di cannella
macinata, 10 grammi di ammonìaca e tre uova. “Na la maidda" si
mettevano zucchero, farina ed ammoniaca, si aggiungeva la “saimi" e si
“sfriculiava" per amalgamare bene la “saimi" con gli altri ingredienti.
Aggiungendo
le uova si continuava a lavorare il composto versandovi il latte fino a
rendere l'impasto così morbido da poterlo stendere “cu lu sagnatùri " -
matterello - “ncapu lu scanaturi" - ripiano in legno - in modo tale che
lo spessore della pasta risultasse inferiore ad un dito. Sulla pasta
così stesa si metteva a mucchietti “lu chinu o li ficu" preparati già
prima. Il ripieno veniva ricoperto da altro impasto e con delle forme
adatte o con le mani si faceva in modo di far “attaccare" le due
superfici per non far uscire “lu chinu".
Appena pronti, i
buccellati si infornavano nel forno a legna già caldo e vi si
lasciavano fino alla loro doratura. Dopo averli sfornati si spalmava
sopra “la marmurata o allustrata" oppure, dopo fatti raffreddare, si
spolverizzavano con lo zucchero a velo.
Per la preparazione
della “marmurata" occorreva albume, zucchero a velo e qualche goccia di
limone. Si sbatteva l'albume fino a montarlo a neve e quindi,
continuando a sbattere, si aggiungeva a poco a poco lo zucchero fino ad
ottenere un composto bianchissimo e non troppo denso. Per cuocere la
“marmurata" occorreva, infine, un’altra passata al forno, a temperatura
moderata.
La preparazione di “lu chinu" , come abbiamo detto,
iniziava qualche giorno prima. Dopo aver schiacciato e “annittatu" le
mandorle, si sbollentavano per togliere la sottile buccia scura e si
macinavano con la “machina pi macinari li miennuli", si mettevano in un
tegame insieme all'acqua e allo zucchero - un chilogrammo di mandorle,
un litro di acqua e un chilo di zucchero - e si faceva cuocere per
almeno tre quarti d'ora. “A lu chinu" si aggiungeva, prima di metterlo
sulla pasta, “cucuzzata" - zuccata candita - a pezzi, cannella, buccia
di limone grattugiato e in tempi più recenti pezzi di cioccolato.
Il
ripieno dei buccellati veniva però preparato principalmente “cu li ficu
asciutti" che ognuno asciugava al sole nel periodo “di ficu" che
conservava o "'nchiappati e 'ntrizzati" o a “passuluna". “Li ficu"
venivano macinati e fatti cuocere con un po' d'acqua, zucchero e pezzi
di buccia di arancia.
Anche a questo composto poteva essere
aggiunto a piacere zuccata, cioccolata e cannella. In tempi meno
prosperi quando l' economia non era molto florida e nelle famiglie
scarseggiavano anche i beni di prima necessità, non volendo rinunciare
al piacere del tipico dolce natalizio, “li urciddata" venivano “cunsati
cchiù scarsi" e con qualche variante: un po' d'olio al posto della
“saimi", acqua al posto del latte, meno zucchero, senza zuccata ma
soltanto buccia di limone grattugiato e un po' di cannella “pistata na
lu murtali di ramu".
Daniela Gucciardino
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pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia "LA VOCE", nr. 3/02,
pag.12
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