”Molti erano i chiamati...”
Ricordo che eravamo cosi piccoli, nel nostro primo anno di Seminario, che si piangeva, ancora, a letto, se capitava di svegliarci, nel cuor della notte, sino a quando non ci fossimo imbattuti negli occhi miti e vigili di Domenico Savio, appena rischiarati da una luce, che, moderatamente, si diffondeva per la camerata.
Certo, ci mancavano papà e mamma, che erano, però gustosamente surrogati dai cari e dotti padri, sempre presenti con la loro rassicurante vistina sopra i pantaloni, ed evocanti le familiari immagini di papà, mamma, nonna, zia, messi assieme. Ci mancava il paese, ma sino a un certo punto, perché eravamo scesi dagli avamposti delle Madonie verso la marina, odorosa di salsedine, in compagnia di altri compaesani, sul torpedone, guidato da lu zi' Totò anche lui col suo prezioso carico di figli e nipoti, destinati al Seminario, ed altre giovani esistenze avremmo trovato, provenienti similes cum similibus, dall'Acrocoro.
Alcuni, per partito preso, sono contro collegi, seminari e scuole gestite da religiosi, in genere, che divengono ingiustificato bersaglio del loro astio; io devo riconoscere di non aver ricevuto che bene dall'educazione dell'allora ancor tenera pianticella della mia vita, di cui, solo dopo, ho potuto ben valutare la portata. Ma riprendiamo il nostro piacevole cammino, a ritroso nel tempo, per rimembrare qualche momento di quella bella, mistica e lunga vacanza, culminante nella Santa Pasqua e concomitante al risveglio della splendida primavera cefaludese.
Nella Settimana di Passione si svolgevano gli esercizi spirituali che costituivano un importante happening religioso e culturale, in cui i nostri dotti padri o prelati di fama, nella più grande immedesimazione ed ascesi, ci sottoponevano, in cappella, all'ascolto di una serie di conferenze di contenuto teologico, mariano, sociologico, ecc..., in genere, accessibili a tutte le fasce di età, ma, qualche volta, al di sopra delle possibilità di ricezione, se non speciosa dei più piccoli, come nella circostanza in cui, mentre un gesuita, di gran grido. spaccava il capello in tre, discorrendo di libero e servo arbitrio, io andavo, col pensiero nostalgico, all'arbitrio di casa, che la nonna ci faceva girare... .
Intensa e partecipe, sino alla farneticazione e alla sete di martirio, fu l'attenzione agli esercizi di Padre Cavalli, missionario in Africa, grande affabulatore ed evocatore di immagini di negritudine, di cui, allora, ci nutrivamo, a sazietà, anche attraverso "Il piccolo missionario" e la "Crociata missionaria", ancor prima che col cinema e la televisione, da veri e propri cannibali dal viso pallido e imberbe...
Ricordo i sonni profondi, in cappella, dinanzi all'aureo Ostensorio, con l'intercalare dei clic e cedimenti delle articolazioni, "per quel nostro pregar sul pavimento", o nel corso delle lunghe, notturne performances, in Cattedrale, per le Sacra Tempora, in presenza di Mons. Cagnoni in persona, afflosciati come pretini di lattice, semisgonfi, sotto l'immenso sguardo, severo e benevolo, del Pantocratore.
Tutti i giorni si svolgeva il passeggio pomeridiano, in direzione del salso mare, o dell'amena campagna, o dell'ambito stadio cittadino, ma dopo gli odiosamati, ricorrenti, ritiri ed esercizi, si effettuavano i passeggi lunghi, che ci mandavano in visibilio.
Ne ricordo uno, particolarmente, a conclusione, forse, degli esercizi spirituali, inscritti nella Settimana di Passione, sicuramente nel corso di una profumata e inebriante primavera, per l'eccezionalità delle circostanze: la meta, Pizzo Sant'Angelo, mt. 1081, sovrastante Gibilmanna, da raggiungere, alla pedona, per erti e rocciosi sentieri; il ritorno, in Seminario, a tre quarti di giornata, con una fame da lupi gratificata dall'attesa, a refettorio, di un'intera batteria di galline, cucinate dalle suore cusmaniane, votate a rimpinzarci, provenienti dal pollaio contiguo al nostro studio, sulle quali gravava il sospetto di morìa....
Dolci, care e bianche suore, destinatarie di nostri concisi messaggi, scritti col lapis, "molle", "sodo", sui gusci delle uova, arrivate da casa, a sostegno della nostra alimentazione, che esse, puntigliosamente, ci restituivano, à la coque... .
Ricordate il canto, nella vostra festa, Tra le rose e le viole, qualche giglio ci sta bene ... ? O quando salivate sul terrazzo del Seminario, per prendere il sole, sicure di non arrossare, sotto l'ampia, bianca ed inamidata cortina del vostro velo?
I personaggi di questo incantato luogo della memoria tutti li ricordo, vivi, morti, preti e non più... con affetto struggente, e mi vedo, assieme a loro, come in una dantesca, mistica rosa, a cantare un canto, tante volte, colà, sentito, che mi è rimasto nel cuore, per la nostalgia che c'è dell'Aldilà:”Oltre il Cielo e oltre mare sta la Patria mia, beata...” .
Didacus ___________________________ pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia "LA VOCE" nr. 1/99, pag.3
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