na mustarda na la manica
'Na
mustarda ni la manica
La
casa morta risonava di parole del lessico opuntiano o allusive della
spinosa questio, gridate, contro il galateo, a bocca piena; di lazzi e
motti, e la nonna materna, anche lei austera e dolce, come un'opunzia,
disarmava, moderava e amministrava in modo equo, ricorrendo solo di
rado a lu sarmientu coi più riluttanti dei nipoti, maestra di lingua e
affabulatrice: "Pi' Sant'Antoniu (era il suo santo), 13 giugno, si
scuòzzulanu li ficurini, pi' San Giovanni, 26 giugno, ci cari la grazia
a li vavalucieddi... Quando l'estate, al culmine dell'età, dava segni
di malessere, e l'autunno, un po' becchino, la sbirciava con intento.
la nonna, la zia, una vicina di casa, un'ospite palermitana,
cominciavano a mondare una buona partita di fichidindia, che mettevano
a cuocere ni la quarara granai, bistrattandoli con una robusta paletta
di legno.
A un certo punto si levava la poltiglia dal fuoco vivo
di la furnacella e, dopo averla passata al setaccio, vi si rimetteva,
continuando la cottura, arriminannu e aggiungendo, man mano, della
farina, a sfilucchiari, uso pitirri, finchè non avesse acquistato la
densità di lu pitirri... Allora si toglieva definitivamente, dal fuoco
e si versava sul marmo, dove si poteva modellare a piacimento, a
freddo, incidendo col coltello secondo le regole della geometria
solida, o riempiendone, a caldo, formette, che davano questa o quella
figura alle mostarde.
I piccoli solidi e le creaturine così
ricavati dalla materia informe, diversi tra loro, ma tutti dello stesso
spessore, si disponevano sulle tavole di l'astratto per l'asciugatura
al sole, che dava loro un'accresciuta consistenza gommosa, la dolcezza
dei sapori autunnali, il colore e la trasparenza dell'onice. Intanto,
na lu stipu, dintra li burnii, le ricordo ancora le mostarde, mentre si
velavano di zucchero, come nevischio sui personaggi del presepe,
qualcuna somigliante a lu Bamminieddu 'ni la culla, e mi dicevano che
il Natale era vicino...
Una mostarda, poi, poteva essere la
posta per un ambo alla tombola tra vicini di casa, la sira di la
Vecchia e..., al mattino, te la potevi ritrovare, in forma di Gesù
Bambino, 'ni la manica, rigonfia e legata, come sacco, del tuo
cappottino rosso, bene in vista dinanzi al tuo lettino, quando avresti
riaperto gli occhi, sgranandoli, che la Vecchia Strina, colà, aveva
sistemato, a guisa di spaventapasseri, per tenere lontano dai sogni di
fanciullo un po' spaurito il volo breve di un barbagianni, dal
piumaggío morbido, come gomitolo di lana Angora, o quello, a zig zag,
di un pipistrello, dalle ali nude e fredde; che, irragionevolmente e
accidentalmente, addirittura, s'mpiglia nni la cuttunina…”Taddarita,
vieni cca, ca ti dugnu a to' papà; to' papà è all'Acqualonga; tira,
tira, ca t'allonga…”
Didacus
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pubblicato nel Periodico parrocchiale di Alia “LA VOCE” nr. 4/95, pag.3
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