La Mammana
Il
pianto
di un bimbo che nasce è sempre motivo di stupore, si tralasciano i vari
psicologismi che lo vorrebbero pianto di dolore, per l'abbandono della
condizione di simbiotica beatitudine con la madre, e si gioisce del
pianto perchè primo segnale di una nuova vita.
Questa
gioia. a parte alle madri, è concessa ad un' altra figura fondamentale,
che "tempu anticu" era detta "la mammana", che poi diventò "la
levatrici" che oggi infine è l'ostetrica. "Le mammane" imparavano il
loro mestiere, nel migliore dei casi, seguendo una sorta di "corso
professionale" che si svolgeva presso alcuni ospedali di città : alla
fine di questo "stage" ricevevano un attestato che le abilitava alla
professione.
In
altri
casi - forse i più comuni - imparavano dalla semplice osservazione
delle "levatrici". più esperte - magari le loro madri - che avrebbero
trasmesso loro tutti i segreti di questo mestiere; o, ancora poteva
succedere che, in certe circostanze d' emergenza, fossero il bisogno e
la necessità a farla da padrone e così, volenti o nolenti, ci si doveva
improvvisare ostetrici e alla fine anche i più fifoni, di fronte alle
doglie di una partoriente, avrebbero dovuto fare del loro meglio - si
pensi per esempio alla figlia di "Mamy" in "Via col vento".
Erano,
infatti, tempi duri per quanto riguarda la "comunicazione a distanza" o
i servizi di trasporto. Immaginate che poteva anche capitare di
partorire nel bel mezzo di una passeggiata in campagna. Nei casi
migliori invece, la futura mamma veniva curata ben benino a casa
propria. Le si preparava un buon "brodu di palummieddu cauro", qualche
bicchiere di cognàc come anestetico, panni caldi e acqua disinfettata
con le pillole di "sublimato".
A
quel
punto era il turno della madre e del piccolo nascituro e, tra le attese
del padre e dei parenti più prossimi, tra i consulti del vicinato e i
loro pronostici sul sesso del piccolo, tra l'eccitazione dei bambini
mandati fuori ad aspettare col naso in sù l'arrivo della cicogna,
finalmente si sentiva il sospirato pianto, una bottarella sulle
spallucce e la dichiarazione definitiva: "è un maschio!" oppure: " è
una
femminuccia!" - e, si sa, nel secondo caso non era proprio quello che
si sarebbe detto un lieto evento! -.
Le
levatrici, a questo punto, si preoccupavano di pulire madre e bambino e
di sistemare con un po' di seta l'ombelico del piccolo. Questa
operazione, pare fosse particolarmente significativa., e ancora di più
il suo risultato finale; ad Alia si dice, infatti, che si "lu uddicu
talìa a 'gghiri a muntata, è genti allegra e fortunata" si talìa a
'gghiri a pinnina sunnu sfurtunati d'ammatina". Il compenso andava
dalle 25 alle 50 lire, accompagnato - o sostituito - da qualche regalo
"in natura" - formaggio, vino, uova, galline...- . Per chi si trovava a
corto di liquidi o di altri beni, alias era povero, esisteva una
"mammana" pagata dal Comune detta "la cumunali".
Al
momento
del battesimo, "la mammana" teneva il bimbo tra le braccia e gli
scopriva il capo per la benedizione. I padrini, quindi, avevano l'onere
di fare un regalo - possibilmente in denaro - sia a lei che "a lu
parrinu chi vattiava e a lu saristanu chi dava fuocu", in questo ultimo
caso il regalo-compenso era proporzionato al numero di candele che
accendeva. A volte, la povertà o il lutto recente facevano sì che "lu
picciriddu " fosse "vattiatu a lu scuru", e quindi con la breve luce di
una sola candela.
"A
tiempu
anticu a l'Alia c'erano due mammane: la za' Giustina, ca' era cumunali,
e la signura Amalia ca ' mmeci era privata. La za' Giustina" si ricorda
come una infaticabile signora "cu la vistina a cintu e lu falari e, nni
la sacchetta, la pastigghia di sublimatu" che tirava fuori
all'occorrenza per disinfettare l'acqua "di lu vacili" con cui avrebbe
lavato madre e bambino. Le proprie mani e un paio di forbici, un po'
d'acqua e qualche panno caldo, gli unici attrezzi del mestiere e, se
proprio fosse servito il medico, nel caso, per esempio, di qualche
complicazione, si poteva sempre chiamare "lu dutturi Napuli".
Senza
dubbio un mestiere delicato quello della "mammana" , della "levatrice"
o dell'ostetrica che dir si voglia, delicato e pregno di segreti, come
quelli legati alle "nascite clandestine". A proposito si vocifera che
qualcuno stia cercando un "fatidico quaderno" in cui queste nascite
sarebbero state segnate perciò state bene attenti, drizzate le orecchie
e aguzzate lo sguardo perchè, tra qualche giorno, potremmo vederne
delle belle!
Laura
Seragusa
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pubblicato
nel Periodico parrocchiale di Alia "LA VOCE"
nr.3/99, pag. 13
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