Le nuove generazioni di Aliesi forse non immagineranno quanto grande fosse il divario tra la civiltà statunitense e quella siciliana in tale periodo. Mentre l`una, infatti, iniziava già a godere dei risultati del suo sviluppo tecnologico e industriale, sostenuto sia da un`economia che da una moneta forte, l`altra languiva con i pochi proventi di un`economia debole, basata soprattutto sulla pastorizia e sull` agricoltura non meccanizzata. Lo stretto necessario non mancava, ma per avere il resto, che assicurasse una vita più dignitosa, bisognava sognare l`America. E l`esodo, che ebbe inizio verso la fine del 1800, continuò nella prima metà del secolo successivo, coinvolgendo migliaia di Aliesi, prevalentemente giovanissimi.
Altrettanto giovani e numerosi furono quegli aliesi che, poi, attorno agli anni `60, emigrarono a Torino e addirittura in Germania. Più che ragazzi erano i tre fratelli Guccione, Giulio, Pasquale e Peppino, quando negli anni `30 emigrarono negli USA, richiamati dal papà Matteo, allora già residente a New Orleans. E diciottenne era il loro nipote Matteo, figlio del quarto fratello Attilio, quando nel `48 assieme allo zio Pasquale, rientrato al paese natìo per sposarvi l`aliese Maria Carimi, s`imbarcò da Napoli alla volta della California.
Il modesto ma essenziale bagaglio culturale, frutto di una istruzione elementare (l`unica possibile allora ad Alia), fu sufficiente ai nostri emigranti in terra d`America per tessere con i parenti siciliani una corrispondenza in discreta lingua italiana che, con cadenza quindicinale, descriveva tempi e modalità del loro inserimento e dell`evolversi delle vicende della loro vita. Questo fu un legame fortissimo che durò a lungo. E pensare che oggi, addirittura, ci si telefona o si utilizza l` e-mail, come se si fosse in Italia.
L`Italiano delle cronache parentali americane era, dí tanto in tanto, inframmezzato da espressioni dialettali aliesi e da espressioni americane sicilianizzate: per esempio giobba (job), ghella (girl), checca (cake), ora no (I don `t know), vasc mascina (wash machine), frisa (freezer), Brucculino (Brooklyn), Pettini Russu (Baton Rouge) etc. . che entravano, simpaticamente, nei rudimenti di lingua americana da loro appresi. Ma le vere americanate non erano queste. Erano piuttosto le notizie di innovazioni tecnologiche e di costume che mutavano in comodità ed agiatezza il vivere quotidiano degli Aliesi d`America, conseguente ad una evoluzione socio-economica di cui erano loro stessi protagonisti. Erano le immagini di mutamenti anche di look personale.
Nelle lettere che arrivavano c`erano, di tanto in tanto, delle fotografie che, pur essendo in bianco e nero, mostravano di essere "americane" nella qualità., rispetto alle nostre "Ferrania" (e fortunato era chi potesse averle). Erano cioè più definite e più grandi di formato. Da quelle foto e dalle successive a colori ci si rendeva conto visivamente dei mutamenti suddetti !
"Americanata" era, dunque, sinonimo di stupore, di esagerazione, di riluttanza a voler semplicemente credere che una tendenza di moda, di organizzazione sociale, dì alimentazione, di urbanistica, di impiego del tempo libero e di conquista scientifica e tecnologica, comunicata dai nostri Americani, potesse essere accettata ed applicata nel vivere quotidiano di una realtà così diversa come quella aliese di quei tempi. La diversità tra le due culture e civiltà, che fino agli anni `70 si misurava in due o più decenni, oggigiorno è quasi nulla ad opera della vasta diffusione del sistema dì comunicazione di massa che, nella televisione, nella stampa e nell`informatica, ha gli strumenti per relativizzare le dimensioni del tempo e dello spazio. Resta, comunque, grave la mancata opportunità di sviluppo economico per tante zone della nostra terra siciliana, Alia inclusa, anche se maggiore è l’informazione attraverso i Media e diffusa è la pratica di mode nei vari beni di consumo.
Ma torniamo al tema, facendo qualche esempio. Erano ritenute, pertanto, americanate i primi elettrodomestici (cucina a gas, frigorifero, lavatrice, televisore); i primi grammofoni a mobiletto con i dischi a 78 giri (pesantissimi!) de "la voce del padrone"; le prime macchine fotografiche Kodak, i primi rasoi di sicurezza che ci avrebbero liberato dalla dipendenza dai barbieri, e le prime penne a sfera, che avrebbero liberato, soprattutto gli scolari, dalla dipendenza dalla "carraffina" e dai pennini; per non parlare della bruttura delle macchie d`inchiostro. Erano americanate le case di legno e le roulottes (chiamate allora "case con le ruote", veramente strabilianti); le autostrade, così enormi e con vorticosi sovrapposizioni); gli occhiali da vista (che , in America, la maggior parte delle persone e non solo di una certa età indossava); le prime dentiere (ai tempi in cui si andava dal dentista esclusivamente per farsi estrarre i denti, più che per curarli o sostituirli); i pantaloni variopinti indossati anche dalle donne ed, in genere, il loro abbigliamento dai colori sgargianti (tipo donna Jola, quella triestina contro-tendenza, vissuta ad Alia attorno agli anni `40 / `50, quando quasi tutte le donne aliesi vestivano in nero; l`abbigliamento maschile, di taglia "comoda" (che faceva rabbrividire lo spirito professionale dei sarti nostrani, attenti alle misure e allo stile). Ciò voleva significare che in America, a quel tempo, esisteva già il confezionamento industriale degli abiti; il detersivo in polvere ( quando ancora il bucato, che si faceva periodicamente una volta al mese, veniva trattato con la lisciva); i Corn-Flakes, il caffè in polvere e liofilizzato, l`aspirina e il Vicks VapoRub, le automobili così lunghe e colorate (al tempo in cui ad Alia ne circolavano pochissime: si e no qualche Fiat 500 "topolino".
A questo punto, si provi ad immaginare quanto grande dovesse essere il disagio delle donne di quell`epoca all` idea di indossare nel contesto paesano quelle vesti così stranamente variopinte che esse trovavano nel pacco, destinato loro dai parenti americani.
Confesso che una cosa simile capitò anche a me all`età di 8 anni, per via di un bellissimo impermeabile giallo-oro, che avevo trovato proprio in uno di quei pacchi. Il materiale sintetico lucidissimo e quel suo colore giallo erano così stridenti nel contesto aliese degli anni ‘50 che riuscii ad indossarlo poche volte e vi assicuro che ciò mi dispiacque molto. Se oggi potessi, tornerei bambino ad Alia per poterlo indossare finalmente, il mio caro impermeabile giallo. Oggi sarebbe possibile farlo anche lì, considerato che certi costumi e mode sono ormai globalizzati in Sicilia come negli USA.
E che dire dei blu-jeans? Allora, dapprima sconosciuti ed avversati, successivamente adottati non solo dai giovani (di entrambi i sessi). Chissà quante altre “stramberie" potremmo ricordare, ma penso che quanto detto sia sufficiente a dare l`idea che il progresso negli USA ha sempre preannunciato quello del Vecchio Continente e mi piace pensare che ad esso abbiano contribuito con onore e con sacrificio tanti Aliesi d`America. (sarebbe interessante che qualche vecchio emigrante ricordasse e descrivesse anche questo).
Progresso è, tuttavia ancora, la parola d`ordine degli Italiani residenti nello Stato del New Jersey, come risulta da "Il Progresso Americano", testata di un giornaletto periodico scritto in Italiano e che lì ancora si pubblica.
Romualdo G.