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Comunità . Località: ALIA (Sicilia)
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IL PECORINO Dop
DI SICILIA
 
Il pecorino
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Pecorino, ricotta e tuma come vuole la tradizione aliese


di Filippo Battaglia



In Italia esistono diverse tipologie e varietà di formaggi chiamati pecorino, fatti con varie percentuali di latte di pecora. I grandi Pecorini Dop cioè garantiti dalla Denominazione di origine protetta e tutelati da un severo disciplinare, sono il pecorino Romano, il Pecorino Sardo, il Pecorino Toscano e, infine, il Pecorino Siciliano. Ogni tipologia ha caratteristiche diverse che dipendono dal luogo, dal periodo di produzione, dalla percentuale di grasso presente nel latte, dall’alimentazione degli animali e dalla differente stagionatura.

In Sicilia ed in particolare nel territorio Aliese, le pecore vengono allevate allo stato brado, sfruttando pascoli naturali. La pastorizia tradizionale ha una grande importanza per la società e l'economia locale: Attraverso questa attività, infatti, si tenta di combattere l'abbandono dei campi da parte della popolazione più giovane. Il periodo migliore per la produzione è compreso tra i mesi di novembre e maggio.

Il nostro Pecorino è fortemente legato al territorio in cui nasce ed è una testimonianza del patrimonio storico e culturale dei popoli che da secoli si tramandano la lavorazione di questo formaggio. Ci sono alcuni elementi che lo rendono veramente buono e speciale, tanto da fargli meritare il riconoscimento della Dop, Denominazione di Origine Protetta.

L'alimentazione delle pecore è basata sulle essenze e le piante che crescono spontanee sui pascoli. Il latte viene utilizzato crudo. Tutta la lavorazione prevede un preciso rispetto della microflora naturale del latte, degli strumenti tradizionali in legno, rame, giunco e delle tecniche di produzione che si tramandano da millenni. Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, inserisce il nostro pecorino, nella lista dei formaggi fatti in Italia, come uno dei migliori. Alla storia si mescola il mito tramandato attraverso le pagine dell'Odissea, dove Omero, racconta di quel viaggio fantastico avente protagonista Ulisse, che sbarcato sulle coste della Sicilia, incontra Polifemo, il gigante con un occhio solo, che ”seduto mungeva a turno le pecore e le belanti capre e, rese le madri agli agnelli, fece cagliare una metà del latte e lo pose in canestri luccicanti”.Insomma, Polifemo era un vero e proprio pastore e casaro che allevava pecore e produceva formaggio che possiamo definire come l'antenato del nostro Pecorino.

In commercio troviamo varie tipologie di pecorino a seconda del tempo di stagionatura: quando la pasta è ancora fresca e non salata ha il nome di ”Tuma”, dopo la prima salatura prende il nome di ”Primo Sale”, mentre con la seconda salatura e almeno venti giorni di maturazione si chiama ”Secondo Sale”. La Tuma ha un gusto dolce lievemente acidulo-aromatico e viene usata per farcire piatti da forno, come la pasta ” ‘ncaciata ” o per impreziosire un semplice fritto con uova. Il Primo Sale è un formaggio da tavola di lieve salatura ed è pronto per essere mangiato dopo il decimo giorno di produzione. Il Secondo Sale, vale a dire il Pecorino Dop, deve avere una stagionatura non inferiore ai novanta giorni. È un formaggio gustoso e saporito, ottimo da solo e da grattugiare. Questi viene prodotto anche in una versione detta ”Pipatu“, con l'aggiunta durante la lavorazione di granelli di pepe nero che danno un aroma forte e naturalmente speziato.

Il Pecorino aliese, e dei dintorni, è prodotto esclusivamente con latte intero di pecora, la forma è cilindrica; con un diametro variabile dai trenta ai 35 centimetri. Il peso di una forma può variare dai quattro ai 12 chilogrammi, la crosta è sottile e liscia, di colore giallo paglierino, con impressi i segni del canestro in cui viene nesso per prendere forma. Il colore della pasta è bianca quando è prodotto in inverno e gialla quando la lavorazione avviene d'estate. La pasta è compatta con buchini piccoli e diffusi, la caratteristica "occhiatura", il sapore è molto caratteristico: piccante e salato; il profumo è intenso e pungente. La lavorazione, abbiamo detto, è la stessa da millenni.

Dopo essere stato filtrato, il latte viene versato in grandi contenitori e fatto riscaldare a una temperatura di circa 37-39° centigradi con l'aggiunta di caglio di agnello. Dopo circa 40-60 minuti, quando la cagliata è pronta, il casaro procede con la rottura manuale fino a ridurla in grumi della grandezza di un chicco di riso, servendosi della tradizionale "ruotola" di legno. La pasta viene fatta riposare per una decina di minuti, tolta dai contenitori e messa in quelli tipici di giunco, le ”vascedde”, che imprimono nella crosta del formaggio i disegni delle fibre vegetali intrecciate. Dopo essere stata sistemata nei cesti, la pasta viene pressata con le. mani prima di procedere con la cottura dopo circa venti minuti.

La pasta viene immersa nel siero alla temperatura di 80-90° per circa tre ore per effettuare la scottatura. Tolte dal siero, le forme asciugano è rassodano, per un paio di giorni, appoggiate su un piano inclinato. Nel frattempo il casaro si occupa di rigirarle una volta ogni tanto per dare al Pecorino la tipica forma cilindrica. La salatura si fa in salamoia o a secco. In salamoia, in una soluzione di acqua molto salata, le forme.rimangono per un periodo che varia da sei a 30 ore. Con il metodo a secco, invece, si strofina la superficie delle forme con il sale, per 10-20 giorni. Infine, si passa alla stagionatura che avviene in ambienti naturali su scaffali in legno. Le forme vengono. girate frequentemente e unte con olio per evitare che si secchino. Per ottenere la Dop, Denominazione di Origine Protetta, il formaggio deve stagionare almeno quattro mesi.

Il nostro pecorino è un ingrediente fondamentale per alcune preparazioni tipiche. Il vero matrimonio si realizza, però, con una semplice fetta di pane, olio extravergine e olive verdi, accompagnato, per assaporarne la semplice bontà, da un buon bicchiere di vino.

In aumento la produzione del gustoso pecorino aliese

Celebre la battuta del generale De Gaulle. Si chiedeva come si potesse governare un Paese con più formaggi che giorni nel calendario. E l'Italia non è da meno alla Francia, infatti nello scorso numero de "La Voce" avevamo detto che nel nostro Paese esistono diverse tipologie e varietà di formaggi. L'Istituto di sociologia rurale ha censito ben 403 tipi di formaggio, di cui 30 tutelati da una denominazione tipica o di origine dove rientrerebbe il Pecorino Siciliano.

La produzione del pecorino in quest'ultimo decennio, ad Alia, è aumentata notevolmente e godendo, quindi, di una buona solidità rispetto ad altri comparti, si può utilizzare legittimamente il termine "tipicità". Parola magica, soprattutto in fatto di commercializzazione.

La tipicità di un prodotto scaturisce da una sintesi di elementi ambientali, storico-etnografici, culturali, sociali, economici e tecnologici del territorio di provenienza. La tipicità da sola non necessariamente ne assicura la qualità, che viene invece riconosciuta da norme comunitarie. li nostro Pecorino è fortemente legato al territorio in cui nasce ed è una testimonianza del patrimonio storico e culturale dei popoli che da secoli si tramandano la lavorazione di questo formaggio. Ci sono alcuni elementi che lo rendono veramente buono e speciale, tanto da fargli meritare il riconoscimento della Dop, Denominazione di Origine Protetta, il massimo riconoscimento assegnato dall’Unione Europea ad un prodotto alimentare. Il "dop" risponde ad un severo disciplinare circa zone di produzione, metodi di lavorazione, caratteristiche organolettiche-sensoriali (sapori, profumi, colori) e merceologiche. La "denominazione tipica", invece, è riservata a formaggi aventi sì particolari requisiti ma non il vincolo della zona di produzione, prerogativa dei formaggi "dop" .

Il termine "formaggio" deriva dal latino ”formaticum” (messo in forma) e dal francese antico ”formage”. Anche "cacio", come noi aliesi siamo solito chiamarlo, deriva dal latino ”caseum” . San Lucio martire è il Santo protettore dei formaggiai e dei mandriani. Secondo la tradizione era un pastore che curava gli armenti del suo padrone e che offriva ai poveri il formaggio avuto come paga. Poiché questo formaggio si moltiplicava, il padrone invidioso si adirò a tal punto che finì per uccidere Lucio presso uno stagno.

Del procedimento di lavorazione ne abbiamo parlato nello scorso numero. Possiamo solo aggiungere per completezza che il formaggio si può ricavare dal latte intero e da quello parzialmente o totalmente scremato. Si ottiene per coagulazione della caseina (proteina con elevato contenuto di acido fosforico). La coagulazione può anche essere naturale (aumento dell'acidità per invecchiamento del latte) o per aggiunta di caglio (sostanza ottenuta dallo stomaco di vitello o agnello) al latte versato in grandi contenitori e fatto riscaldare a una temperatura di circa 37-39° centigradi. Dalla coagulazione si forma la cagliata che provoca la separazione delle sostanze: grassi, caseina e fosfato di calcio restano nella massa coagulata; zuccheri e sali solubili passano nel siero. L'eliminazione del siero termina con la frantumazione e la cottura. Versati in stampi, nella cosiddetta ”vascedda”, i granuli vengono sgocciolati, compressi e salati. Infine, si passa alla stagionatura. Per ottenere la Dop, Denominazione di Origine Protetta, il formaggio deve stagionare almeno quattro mesi.

Il formaggio è uno dei prodotti più difficili da conservare. Conviene quindi acquistarne poco e consumarlo presto. Luoghi di conservazione ideali sono cantine e grotte; ovviamente i più si affidano al frigorifero, dove andrebbe sistemato nella parte meno fredda. I formaggi freschi vanno consumati subito, conservati avvolti con carta oleata o stagnola; il nostro pecorino avvolto in un telo di canapa o cotone. Da evitare sono le pellicole di plastica. Per gustarne il sapore il formaggio si dovrebbe togliere dal frigorifero almeno mezz'ora prima del suo consumo perché deve ossigenarsi.

Il nostro pecorino è un ingrediente fondamentale per alcune preparazioni tipiche. Il vero matrimonio si realizza, però, con una semplice fetta di pane, olio extravergine e olive verdi accompagnato, per assaporarne la semplice bontà, da un buon bicchiere di vino. E’ quello che solitamente trova il visitatore che si reca presso i locali caseifici della zona per scoprire, con il pretesto della visita agli ambienti di produzione casearia, anche altri nostri sapori, prettamente aliesi. Veri e propri laboratori del gusto a ricordo di lontane colazioni contadine.

di Filippo Battaglia
pubblicato nel Periodico parrocchiale "LA VOCE" di Alia / 2005




     
 
Edizione RodAlia - 07/05/2014
 
     
 
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