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retaggio delle genti.com. divulgazione culturale su particolari aspetti di località e di vissuta umanità. |
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Le miniere di Lercara | ||||
vecchia lampada ad acetilene, da miniera il dott. Alfonso Giordano Due simboli, per introdurre le seguenti note, relative a: LE MINIERE DI LERCARA FRIDDI Il bacino zolfifero del lercarese (compreso nel quadrilatero di 1.250.000
mq circa ad est dell'abitato che ha per vertici Colle Croce, Colle Friddi,
Colle Madore e Colle Serio) fu scoperto nel 1828: non ve n'erano altri in
tutta la provincia e si rivelò tra i primi in Sicilia. Gli operai adulti, i picconieri, e i più giovani, i carusi, lavoravano nel sottosuolo a ciclo continuo in turni di otto ore reclusi in spazi che erano male illuminati da lampade ad acetilene e che si trovavano ad una profondità di un centinaio di metri. Quest'ambiente era umido e molto caldo nonché saturo di impurità che nuocevano ai polmoni. Il rapporto tra il salario di un caruso e di un picconiere andava da uno a due a uno a quattro, ma quest'ultimo guadagnava mediamente il doppio rispetto ad un normale lavoratore. Si immettevano all'interno della terra per mezzo di scalinate ricavate dal pavimento roccioso che introducevano alle gallerie da cui lo zolfo era estratto e convogliato fuori manualmente: i bambini portavano una diecina di chili di materiale a spalla per ogni trasporto, gli adulti un mezzo quintale. La paura di cedimenti nei passaggi sotterranei, il timore di allagamenti e di esplosioni per fughe di gas naturali accompagnavano i minatori in ogni momento. Per il trasporto venne in seguito adottato verso la fine del 1800 un ascensore (funzionò poi dal 1907 alimentato da energia elettrica), che serviva per calare gli operai e portare su lo zolfo che veniva depositato in carrelli su binari e condotto alla lavorazione. Il materiale sulfureo veniva fuso in forni per eliminare le impurità e colato in stampi. In origine fu usato un tipo di forno chiamato calcarone che liberava direttamente nell'aria esalazioni di anidride solforosa: queste danneggiavano le colture agricole e soprattutto i polmoni. Questo metodo fu presto proibito e sostituito dalla macchina Duvand, ma non servì a molto: l'anidride solforosa non era eliminata del tutto.Prima dell'unità d'Italia verrà riadottata la tecnica dei calcaroni più economica per gli imprenditori. Nel periodo di fine '800 alta era la percentuale di bambini impiegati nell'estrazione, e vi fu addirittura una fase in cui vi lavorarono anche le donne. Tutti lavorano seminudi a causa dell'alta temperatura, e non è il caso di accennare agli scadimenti di questa civiltà sotterranea, i cui abitanti apparivano alla lunga invecchiati, quasi avessero perso la loro umanità. Il regio governo nel 1874 sotto pressione si interessò della situazione delle miniere di Lercara ed il ministro dell'industria nominò una commissione d'inchiesta. Emerse il disumano sfruttamento dei minori, che venivano acquistati dalle proprie famiglie in una vera e propria tratta di schiavi anche nei paesi limitrofi per la necessità di manodopera: questi si ammalavano molto facilmente e moltissimi di loro risultavano poi inabili al servizio militare. Alla fine dell'indagine la commissione propose miglioramenti delle condizioni di lavoro: il divieto di assumere lavoratori con età inferiore ai dodici anni, particolari tutele per quelli di età compresa tra i dodici ed i ventuno anni, il divieto di assumere donne. A dare un barlume di speranza ai lavoratori intervenne il filantropo e medico lercarese Alfonso Giordano (1843-1915) che riuscì a curare l'anchilostomiasi una forma anemica parassitaria di cui questi erano affetti. All'inizio del 1900 le imprese di estrazione entrarono in crisi ed alcune fallirono. Nonostante tutto l'attività permase a dare lavoro, accompagnandosi, sino alla chiusura delle miniere avvenuta nel 1969, ad un netto miglioramento delle condizioni degli operai favorito dallo sviluppo tecnologico. Delle miniere di Lercara parlò Carlo Levi (1902-1975), il celebre autore di "Cristo si è fermato a Eboli", nel suo libro "Le parole sono pietre" (1955).
operai lercaresi alle prese con "balàti" di zolfo (da 50 a 60 kg ciascuna) Voce narrante di Li
dù gimilluzzi di Lercara
Vinìanu a la me scola
di Lercara Tanti anni doppu, arsira,
ragiunannu iu m'addinocchiu davanti a lu celu di
Erminia Mancuso per vedere "i carusi da pirrera"
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Edizione RodAlia - 12/01/2009 |
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