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Ambito di Ricerca:Le festività e le tradizioni religiose:::

Processioni a Lercara_La Madonna di Costantinopoli
 
immagine allegata
20 agosto: processione del simulacro di Maria SS. di Costantinopoli



per gentile concessione,

immagine allegata

dal libro di

Nicolò Sangiorgio



La Madonna di Costantinopoli

…..La processione ha luogo la sera del giorno 20 a cura del comitato dei festeggiamenti, ed assume una specifica imponenza per la presenza degli amministratori comunali, con a capo il sindaco, i quali, insieme alle autorità militari, prendono posto dietro la statua.

Per facilitare il trascinamento della "vara" viene condotta una statua di resina, acquistata nel 1956 e l'antica statua lignea rimane sempre sull'altare.
Il fervore degli abitanti di Lercara verso la Madonna è molto sentito e gli emigrati la custodiscono nel cuore; tuttavia, per intensità segue quello del Crocifisso e di Santa Rosalia.

Ufficialmente i festeggiamenti si sviluppano dal 19 al 21 del mese di agosto, ma nei giorni antecedenti hanno luogo diverse manifestazioni.
Le Amministrazioni comunali, per darvi maggiore sfarzosità, hanno inserito nel programma avvenimenti di interesse collettivo, come l'inaugurazione dell'acquedotto (1880), lo scoprimento del monumento a Umberto I (1903), l'inaugurazione della Stazione ferroviaria di Lercara Alta (1912), l'apertura della Biblioteca comunale (1982).

Giorni intensi di attività culturali, sportive, artistiche, canore; giorni di luci, colori, musica, spari. La festa ha il fascino della novità, riserva sorprese, porta allegria, fa dimenticare e determina una intensa attività commerciale. Il tutto tra il rimbombo degli spari e dei fuochi artificiali, lo stormire delle campane delle chiese e il suono della banda musicale.

Il vasto mercato ha occupato nuovi spazi; originariamente era incentrato nella via Maria SS. di Costantinopoli, (le bancarelle  venivano sistemate agli ingressi delle vie adiacenti) e in piazza Duomo; ora si snoda lungo il corso principale e nelle vicinanze di Serra Calandra per perdersi lungo las strada che conduce alla stazione ferroviaria di Lercara Bassa.
E' proprio qui che si svolge la fiera del bestiame, istituita nel 1852. Prendono posto baracche ed automezzi che offrono una vastissima gamma di attrezzi che interessano principalmente il lavoratore della campagna, l'artigiano e la casa. Vendite, acquisti, voci sommesse, esclamazioni festose, grida gioiose di ragazzi, altoparlanti, sole, polvere, suono di trombette.

Teatro naturale di molti eventi sono la villa di piazza Umberto I, il corso Giulio Sartorio e la magnifica piazza Duomo, sfolgorante di luci colorate, dove si gustavano si i prelibati "pezzetti du lu zù Cicciu Catalanu ", particolare tipo di gelato duro e colorato.

La presenza palpitante degli emigrati, già molto numerosa, apporta un clima di euforia generale e ci conduce ai tempi in cui il numero dei residenti era elevatissimo; si incontrano visi sconosciuti o dimenticati provenienti finanche dai Paesi d'oltreoceano.

Numerosa la partecipazione degli abitanti del circondario.
Frattanto, un automatico pizzicare di noccioline americane e semenza, un sorseggiare di birra tra ammiccamenti e battute spiritose, nell'incanto delle emozioni ... e un fiume di persone va su e giù per il corso o gira attorno al palco.

Fino dalle prime ore del mattino nella piazza si parlavano più lingue e per le strade sostavano sontuose autovetture dalla targa straniera.
Il giorno successivo, Lercara, che aveva rivissuto la vitalità che nei tempi andati l'aveva distinta, cade nel silenzio perché i "suoi figli", nel corso della notte, hanno ripreso la via del ritorno che li  conduce al lavoro, lontano dalla Sicilia.

Sino a quando le condizioni economiche delle famiglie erano misere, si viveva con ansia l'attesa di quei giorni e se ne assaporava il godimento; si vivevano con pienezza e serenità i piccoli momenti legati alla straordinarietà. "La festa di Costantinopoli" era la più importante dell'anno, era l'occasione per fidanzarsi, per indossare un vestito nuovo confezionato dal sarto o un paio di scarpe, per soddisfare un capriccio, non ultimo, per assaggiare la "cubbaita".

Nel tempo in cui non vi erano automezzi, il numero dei capi di bestiame in fiera era elevato e le mandrie, le greggi e gli animali da soma giungevano a Lercara dopo moltissime ore di cammino attraverso le trazzere; se era notte si accampavano alla periferia del paese in attesa di entrare in fiera alle prime luci dell'alba.
Aveva la durata di tre giorni e, in principio, avveniva nella campagna circostante la chiesa, sino agli anni cinquanta del XX secolo nel Piano Giglio, detto 'ncapu la chiusa; attaualment, nel terreno che dall'are della stazione ferroviaria di Lercara Alta giunge alla strada carrabile che conduce a quella di Lercara Bassa.

I "fieranti" in attesa di vendere la mercanzia, per ripararsi dal sole cocente e consumare un "boccone", sostavano nelle strade adiacenti, dove trascorrevano la notte.
Oggi si svolge soltanto nella mattinata del giorno 20 e il numero dei capi di bestiame è ridotto, e questo giorno è grande gioia per i bambini i quali hanno la opportunità di vedere gli animali dal vivo.

Folkloristica la contrattazione per la compravendita degli animali, diretta magistralmente dal sensale, cioè l'intermediario, il quale recita la sua parte con una bravura di attore. Mille gesti, mille frasi,  facenti parte di un cerimoniale finalizzato alla conclusione dell'affare che gli assicura la provvigione.
A volte il sensale, avvilito dalle difficoltà, si asciuga il sudore della fronte con il dorso della mano destra, con la quale tiene la coppula che si eri tolta, o con un fazzoletto di colore rosso.
Per dare forza al proprio discorso si assesta la coppula sul capo, che aveva alzata leggermente, e la rovescia all'indietro in atteggiamento di stanchezza. Una pausa sagace, poiché, ripreso fiato, passa all'attacco, e, a volte, sul punto di stropicciare la coppula tra le mani o di buttarla a terra con vioIenza.
L'affaticamento svanisce quando stringe con le sue le mani del compratore e del venditore con un movimento molleggiato, segno di patto concluso.

Sino al 1957 le giornate erano contrassegnate da uno spettacolo molto gradito dal pubblico: la corsa dei cavalli, o "corsa dei bèrberi" come viene definita in una cartolina di Lercara del 1903. L'organizzazione era affidata ad una persona, chiamata giannittaru, che ne curava l'attuazione.

Le corse avevano luogo nei giorni 19, 20 e 21 nelle ore pomeridiane Partivanoe tre cavalli alla volta e nell'ultima corsa della giornata gareggiavano quei cavalli che si erano qualificati primi.
La partenza avveniva da piazza Umberto I, comunemente detta piazza sant' Anna. Qui i cavalli, o giannetti, scalpitanti, attendevano nervosamente il segnale della partenza da una linea che non era ben definita e la folla, assiepata ai margini del corso transennato, era in trepidazione.
Erano lì pronti, cavalli e fantini che cavalcavano a torso nudo, e volteggiavano impazienti. Ad un tratto, un colpo di mortaretto risuonava disperdendosi tra la folla che senza indugio sgombrava la pista serrandosi ai lati della strada:
Ad un secondo colpo, i cavalli si disponevano ai posti di partenza e, al terzo,  partivano velocemente..; dietro la folla si riversava al centro della pista.

Mentre i cavalli a suon di frusta si spingevano in avanti, i fantini con occhio vigile controllavano "a lampo" la posizione dei contendenti. Un sordo calpestio di zoccoli nudi sollevava una leggera nuvola di polvere.
Intanto gli spettatori indirizzavano al fantino di gradimento grida di incitamento e i cavalli, giunti davanti all'edificio scolastico, ricevevano una seconda sollecitazione con un altro sparo di mortaretto.
Era frequente che un cavallo, spinto dagli altri, si accostasse al bordo della pista; allora, una passeggera paura correva tra coloro che quasi venivano sfiorati dal cavallo in corsa. Infine, un'esclamazione corale accompagnava il cavallo che riusciva a tagliare il traguardo, mentre il tonfo degli zoccoli si perdeva al di là della curva.
La corsa si concludeva poco prima della curva a destra, nel luogo detto "Serra Calandra" - Serra calannira - denominato "testa di la cursa".
Qui un filo di spago, tinto di rosso, segnava il traguardo e il colore lasciato al petto del cavallo indicava chiaramente chi era giunto per primo.

Il vincitore finale, partendo dalla "testa di la cursa", percorreva trionfante il corso Giulio Sartorio giungendo alla villa comunale, cioè al punto di partenza, insieme alle autorità, alla banda musicale e agli applausi della folla, dove riceveva il trofeo da parte del presidente del comitato.
Durante la competizione il comitato e le autorità sostavano comodamente su un palco di legno, allestito sul lato sinistro del corso, vicino al traguardo; si esibivano due bande musicali poste agli estremi del corso, e tra una gara e l'altra, suonando, invertivano la loro posizione.
Era raro che fantino e cavallo fossero lercaresi, e molti non abbiamo dimenticato  un ragazzo, appellato da tutti "u picciriddu ", quantunque, poi, adulto venuto da altro paese ma nato a Lercara, soprannominato "quadaredda", che entusiasmava la folla e ripetutamente si impose fra i concorrenti.
Indimenticabile la caduta di cavallo e cavaliere a circa metà percorso, bloccati improvvisamente da un suino che, venendo dal bastione, riuscì ad attraversare la pista.

Negli anni Trenta gareggiavano soltanto i cavalli i quali a fine corsa erano fermati da stoffe e sacchi pendenti da tre corde tese in sequenza, e il cui addestramento avveniva durante la notte. Una volta un cavallo, superati i tre ostacoli, si inoltrò per la campagna e non è stata un'impresa facile ricondurlo alla calma.
Della scenografica gara rimane soltanto tela ad olio di ampia dimensione, custodita nella Biblioteca comunale, opera del concittadino Santo Facella.

Antecedentemente alla divulgazione dei cantanti e dei complessi di musica leggera, le serate erano allietate dalla esibizione di bande con la "musicata" cioè, il concerto bandistico, durante il quale venivano eseguiti brani di opere liriche e si concludeva con l'immancabile "canzoniere", una miscellanea di canzoni classiche.

La platea era piazza Duomo e il palcoscenico un sontuoso palco. Sino al 1943, invece, vi era un palchetto in ferro e cemento, distrutto dalla furia del popolo contro il regime, appresa la sconfitta militare nella seconda guerra mondiale.
ZDnondiale.

Tutti ascoltavano con interesse, però, gli "appassionati" si piazzavano attorno al palco, allontanandosene soltanto non appena l'ultimo dei "musicanti" lasciava il proprio posto. Essi seguivano con molta attenzione le esecuzioni e si entusiasmavano quando  veniva intonata un' aria o una romanza.
Nel silenzio della notte si levava al cielo il suono delicato e vibrante degli "assolo" e venivano applauditi calorosamente i protagonisti di turno. Le esecuzioni dovevano essere perfette e una minima dissonanza era percepita istantaneamente e diventava la "stonatura" dell'anno.

Dal 1960, una serata è dominata dalla esibizione di cantanti famosi, la cui notorietà richiama migliaia di persone, entusiasma tutti e fa "impazzire" giovani che con le braccia ondeggianti cantano, piangono, si struggono.
Per potersi assicurare una posizione favorevole, sin dalle prime ore del pomeriggio vengono sistemate le sedie in modo da potere godere comodamente le canzoni.

La ricorrenza del 1998 è stata valorizzata dalla "rievocazione storica" del ritrovamento della "pietra", con personaggi in abiti d'epoca, in una esaltante cornice scenografica, vivacizzata dai canti di un gruppo folkloristico e dal tintinnio dei sonagli di un carretto sfarzosamente addobbato.
Si è svolta davanti alla Chiesa di Maria SS. di Costantinopoli e sulla scalinata della villa comunale, dove è stato riprodotto l'ambiente naturale del torrente Ladro.
Sono stati vissuti momenti di untensa emozione e di religiosa contemplazione.
La rievocazione, ripetuta nei due anni successivi, non si è trasformata, purtroppo, in un appuntamento di considerevole interesse religioso e civile che avrebbe apportato nuova luce alla genesi della devozione e prospettive al paese.


     
 
Edizione RodAlia - 22/01/2009
 
     
 
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