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Ambito di Ricerca:Tracce di storia locale:::

Lo zoppo di Gangi
 

LO ZOPPO DI GANCI NELLE CHIESE DI LERCARA FRIDDI

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La Madonna con l'ostensorio

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Il sacrificio di Cristo

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La Santissima Trinità

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I santi Anna e Gioacchino con la sacra famiglia

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San Gregorio patriarca d'Armenia con la Madonna


Un inventario, datato 5 febbraio 1606, stilato dietro disposizione della Curia palermitana dopo la morte del barone Baldassare Gomez de Amezcua (1561-1604), riguardante i beni esistenti nel neonato comune di Lercara, annovera tra l'altro la presenza nel suo territorio di otto tele autografe dello Zoppo di Gangi.
Queste le parole, nel sermo vulgaris dell'epoca, che hanno rappresentato la base per il mio studio di individuazione di alcuni di quei quadri: "DECI QUATRI IN OGLIO GRANDI QUALI DETTO CONDAM LASCIÒ IN POTIRI DEL ZOPPO DI GANGI LUNO DELLA CIRCONCISIONE A L'ALTRO DI NOSTRO SIGNORE INMEZO DI DOTTORI. IL QUALE PITTORE TIENE DI CAPARRO DATOCI DI DETTO CONDAM VINTI PATACCHI DELLI QUALI QUATRI SI FA MENTIONE NELLO TESTAMENTO DI DETTO CONDAM (brano tratto da "G. Mavaro / Lercara Friddi Città Nuova vol. I / Palermo 1984, pag. 46")". In parole povere: a Lercara c'erano otto tele firmate Zoppo di Gangi, due altre commissionate dal defunto barone non erano state ancora consegnate. Se queste poi lo furono non lo so.

Sulla base delle mie ricerche sulle chiese di san Gregorio (patriarca d'Armenia) e della Madonna del Rosario ho potuto procedere ad una collocazione temporale di dipinti che si erano al loro interno (rimasti anonimi perché il ridimensionamento in passato ha fatto saltare la parte autografa).

In quella del Rosario, comparsa tra il 1595 ed il 1604, vi erano due quadri conosciuti: La Madonna con l'ostensorio e La Santissima Trinità; (attualmente sono al Duomo).

È lecito presumere che i periodi di produzione di queste opere siano analoghi a quelli di edificazione di dette chiese.

Una cosa che non ha complicato il mio procedimento, ma anzi lo ha agevolato, è che gli Zoppi erano di fatto due: chi ha operato la catalogazione del 1606 non si è preoccupato di distinguere. Gaspare Bazzano (1562-1630) e Giuseppe Salerno (1573-1632), nati tutti e due a Gangi, ebbero bottega rispettivamente a Palermo ed a Gangi. Nel paese natio furono allievi di Pietro Bellia di Castrogiovanni (Enna). Fisicamente il vero zoppo fu forse il primo, di cui il secondo potrebbe considerarsi un discepolo-emulatore, come testimonia l'uso dello stesso nome d'arte. L'omonimia è stata purtroppo causa di difficoltà al momento dell'identificazione dello Zoppo specifico, la qual cosa nel tempo ebbe a ridimensionare spropositatamente il Bazzano a vantaggio del Salerno. Non hanno agevolato una nitida distinzione pure i loro tratti stilistici in comune.

La Madonna con l'ostensorio e La Santissima Trinità; che erano sistemate nella chiesa della Madonna del Rosario, eretta per opera del barone de Amezcua, erano quasi sicuramente il risultato di sue commissioni a Giuseppe Salerno.

Che la mano sia la sua lo rendono evidente alcuni raffronti stilistici con opere certe.

Nella Chiesa di san Matteo, sempre a Lercara Friddi, è posta all'altare maggiore una tela, Il sacrificio di Cristo, che rappresenta la redenzione dal peccato originale attuata sulla croce, che materialmente non è dipinta: Gesù è sorretto dal Padre ed alla sua destra è la Madonna. Due angeli, sotto il Redentore, uno a destra ed uno a sinistra, raccolgono il sangue sgorgante dalle ferite di Gesù con delle coppe e lo riversano per la salvezza delle sottostanti anime che dovrebbero essere del purgatorio.

Ho attribuito pure questo quadro a Giuseppe Salerno. Il dipinto fa il paio con La Santissima Trinità per quanto riguarda il tema. La simbologia trinitaria è presente anche ne La Madonna con l'ostensorio, ma qui al posto di Gesù c'è l'ostensorio (contenente l'ostia consacrata che è il corpo di Cristo). La Trinità e la Madonna compaiono in tutte questi tre dipinti con rilevanti somiglianze teologiche e stilistiche, quest'ultime più marcate nelle prime due tele (il volto di Maria ne Il sacrificio di Cristo rievoca fortemente lo stile di quello ne La Santissima Trinità - cambia solo l'angolazione -, e quello de La Santissima Trinità; ricalca l'analogo nel Giudizio universale di Giuseppe Salerno a Gangi). Anche lo stato di conservazione è lo stesso. La mano in tutte è la stessa ed è quella dello Zoppo di Gangi (Salerno).

Tutte e tre le opere sono state ritagliate per essere ridimensionate.

Credo che Il sacrificio di Cristo, per un principio di analogia, provenga parimenti dalla scomparsa Chiesa del Rosario.

In un'altra non più esistente chiesa, quella di san Gregorio (patriarca d'Armenia) di Via dei martiri, edificata a fine '500 molto probabilmente per iniziativa del barone Leonello Lercaro (trasferitosi da Genova in Sicilia, la sua famiglia di rito greco-cattolico era originaria dell'Armenia), era il dipinto di San Gregorio patriarca d'Armenia con la Madonna. È custodito dal 1850 in quella di san Matteo dopo essere transitato in quella di san Gregorio Taumaturgo "lo Novo" (tutte queste chiese cattoliche forse erano di rito greco, ad eccezione di quella di san Matteo che è sempre stata di rito latino).

È molto credibile che lo stesso barone Lercaro abbia commissionata l'opera che è riconducibile al pittore Gaspare Bazzano (1562-1630), il meno giovane ed il meno noto tra i due contemporanei artisti.

Un nutrito schema di raffronti dimostra probante l'attribuzione.

Nel quadro è presente un testo che è la riproposizione di un pensiero di san Basilio Magno contro l'arianesimo: "VNVS DEVS PATER VERBI VIVENTIS CONSISTENTI SAPIENTIÆ ET VIRTVTIS ET CHARACTERIS ÆTERNI PERFECTVS PERFECTI GENITOR PATER FILII VNIGENITI"; traduzione: "C'è un solo Dio, Padre del Verbo vivente, (Padre) per colui che è dotato di sapienza, virtù ed eternità; Generatore privo di nulla, Padre del Figlio Unigenito".

La pergamena con questo scritto è tenuta aperta dalla Madonna e da un altro personaggio (che potrebbe essere un angelo o un altro santo), ed è rivolta all'indirizzo di san Gregorio patriarca d'Armenia alle cui spalle c'è un angioletto che reca una mitra.

Di quale specifico patriarca d'Armenia si tratti non mi è facile dire: le mie ipotesi sono comunque circoscritte a san Gregorio I ("l'Illuminatore", meglio conosciuto come "san Gregorio Armeno") e a san Gregorio II (detto "l'amico dei martiri").

La raffigurazione canonica in altre opere di san Gregorio I patriarca d'Armenia detto l'Illuminatore, ma meglio conosciuto come san Gregorio Armeno, assomiglia nel volto al santo della nostra opera: nella capigliatura e nella barba lunga; e poi la cappa a collo alto è tipicamente armena.

Nel dipinto in esame ci sono la mitra ed il pastorale che sono attributi episcopali e patriarcali.

Non vi è presenza numerosa di elementi nel dipinto per poter dire che questo san Gregorio sia l'Illuminatore: di lui è rilevante - tra l'altro - la reliquia della mano destra (custodita in Armenia); il nostro san Gregorio ha un braccio destro alzato, ciò potrebbe essere un indizio.

Ancora nella chiesa di san Matteo si trova la tela raffigurante I santi Anna e Gioacchino con la Sacra Famiglia: vi fu portata ad inizio '800 dalla diruta, oggi scomparsa, chiesa di sant'Anna che forse era di rito cattolico-orientale.

L'esame del dipinto, in passato ritoccato, mi fa vedere uno stile accostabile a quello di Leonardo Bazzano (1588-1615; figlio di Gaspare) o a quello dell'ultimo Giuseppe: può darsi sia di uno dei due o di un terzo contemporaneo, ma in ogni caso mi pare ascrivibile - tenendo conto anche dello stato di conservazione - alla prima metà del '600.

Il sorgere della chiesa di sant'Anna a Lercara Friddi ad inizio Seicento può essere attribuito a Francesca Lercaro Ventimiglia (le cui nozze tra l'altro furono celebrate col rito greco-cattolico): una via d'ingresso qui al portato di sant'Anna può essere stata la tradizione familiare dei Ventimiglia di Sicilia i quali furono custodi del teschio della santa. Nella chiesa di sant'Anna a Geraci Siculo, loro ex cappella palatina, è posto all'altare un quadro della Natività di Maria opera di Giuseppe Salerno.

Le mie cinque attribuzioni, di cui pure ha parlato il Giornale di Sicilia, sono state operate tra 2002 e 2004.



di Danilo Caruso


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Edizione RodAlia - 02/03/2009
 
     
 
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