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retaggio delle genti.com. divulgazione culturale su particolari aspetti di località e di vissuta umanità.
 
Comunità . Località: ALIA (Sicilia)
Ambito di Ricerca:Alimenti e prodotti locali:::

SAPORI DI PIATTI ALIESI_2
 

 

 

 

Maccu cu 'a pasta

 

Ingrediente base del macco sono le fave, piante erbacee della famiglia delle leguminose (vicia faba), poco coltivate nelle altre regioni d'Italia, largamente diffuse sin dall'antichità  in Sicilia e, in particolare, in Alia sia per l'alimentazione, sia per il foraggio, a seconda della varietà e della qualità . I semi contenuti nei baccelli sono commestibili e, tanto freschi, quanto secchi, si prestano per la preparazione di saporiti piatti, tra cui `u maccu che, originario del Ragusano, è di casa in tutte le località  montane dell'Isola e non è altro che una specie di polenta di fave cotte e sminuzzate. Il termine maccu deriva dal tardo latino maccare che significa schiacciare, ridurre in poltiglia, e si ricollega a Maccus, personaggio e maschera fissa dell'antica commedia dell'arte: Atellana.

`U maccu è una specialità  di origi­ne campagnola, di tempi remoti, quando per mangiare ci si adattava «con un po' di pane e companatico la mattina e un pò di cotto per la sera:macco o minestra» (Pirandello). Nato dall'esigenza della miseria, veniva frequentemente apparecchia­to dalle nostre donne, impegnate a sfamare intere tavolate domestiche e le fave che,«ballavano nella pentola borbottando in mezzo alla schiuma che faceva sbuffare la fiamma» (Verga), a poco a poco si trasformavano in una gustosa vivanda.

La ricetta del maccu cu 'a pasta è semplice, autentica, avuta a viva voce da una anziana donna aliese. tra le ultime «regine del focolare», dotata di buona e precisa memoria. oltre che di lunga esperienza. Per preparare maccu cu 'a pasta per quattro persone, occorrono grammi duecento di fave secche decorticate. grammi centocinquanta di spaghetti spezzettati, una foglia d'alloro. sale. peperoncino e olio. Si lasciano a bagno in un recipiente di terracotta per almeno dodici ore. Si sciacquano, si scolano.

Dopo aver fatto rosolare in un tegame una cipolletta sminuzzata, vi si aggiungono acqua, sale,. peperoncino

la foglia d'alloro. Vi si calano le fave che devono essere coperte di acqua. Si mette il tegame sul fuoco. Non appena l'acqua bolle. si riduce la fiamma e si lasciano cuocere le fave dolcemente, mettendo un co­perchio a misura, rimestando di tan­to in tanto con un cucchiaio di legno schiacciandole. Vi si versa, quindi. la pasta già  lessata al dente e scolata. Si amalgama bene il tutto, che deve presentarsi cremoso e si lascia riposare qualche minuto prima di servirlo ai commensali.

Evviva l'antico maccu cu 'a pasta, piatto oggi di grande attualità , perchè in linea con le moderne indicazioni dietetiche. Le fave, infatti, ricche di proteine, di fibre, di vitamine di sali minerali importanti per la loro azione di drenaggio, costituiscono una nutrizione semplice ed equilibrata.

Lena Cook

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pubblicato in "La VOCE" di Alia, nr.2/09, pag. 16

 

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Pasta alla milanese in versione aliese



Gli aliesi, riguardo ai primi piatti, possono sfoggiare tutte le loro abilità culinarie. Adorano la pasta che dà salute e allegria, infatti, "siddu siciliano ci mancassi la pasta di sta Sicilia divina, certo e sicuro malato cascassi". Il prezioso carboidrato è diffuso in tutte le località  montane della nostra isola con caratteristiche e connotazioni diverse.

Un noto e inconfondibile primo piatto che rientra nella tradizione gastronomica aliese è "la pasta a la milanisa", una variante della pasta con le sarde. Il nome abbastanza singolare dato dai Siciliani, deriva dal fatto che, un tempo, i nostri emigrati nel Nord, non potendo reperire facilmente le sarde fresche, le sostituivano con le acciughe salate, inventando così " la pasta a la milanisa", amalgama di sapori e colori. Le massaie aliesi, avendone apprezzato la bontà,  preparano spesso la versione "milanese" della pasta con le sarde, portando in cucina un po' di "aria nordica"e inebriando di buon profumo casa e dintorni.

Per preparare una gustosa "pasta a la milanisa" per sei persone, si lavano con cura 500 gr. di finocchietti selvatici e si lessano, spezzettati, in abbondante acqua salata insieme con 400 gr. di bucatini o spaghetti spezzati a metà.
Nel frattempo, dopo aver fatto appassire un trito di "cipolletta" nell'olio d'oliva, vi si fanno sciogliere tre sarde sotto sale non prima di averle pulite, diliscate, dissalate. Dopo un po', vi si aggiunge, continuando la cottura, un po' di salsa di pomodoro e se si vuole, due cucchiai di uvetta e pinoli. Sale e pepe quanto basta e si lascia insaporire il tutto, sempre a fiamma basssa, per qualche minuto. Si scola la pasta al dente insieme con i finocchietti, si condisce con il sugo già  pronto, si versa in un vassoio e si cosparge di abbondante mollica abbrustolita, insaporita, prima, con un po' di olio di oliva.
Ora, i commensali sbadigliano, pieni di appetito di questa delizia nostrana che è "la pasta a la milanisa", ormai pronta per essere servita.


Lena Cook
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pubblicato in "La VOCE" di Alia, nr.1/09, pag.17

 

 



"U pitirri"



"U pitirri", forse retaggio di antiche dominazioni, nostalgia d'un perduto sapore dell'infanzia, è un cibo di farina di ceci, gustoso e sostanzioso che potrebbe, oggi, stuzzicare i palati più raffinati, come succede alla polenta di granoturco che occupa un posto rilevante nella cucina italiana e in quella natia della Lombardia e del Veneto.

"U pitirri", purtroppo sopravvive a stento nella cucina locale e di qualche nostalgico paesano, pur sapendo che ritornare ad una alimentazione rigida e genuina, oltre che giovare alla nostra salute, significa salvare una tradizione, recuperare una storia e un modo di mangiare semplice e salutare. "U pitirri", come si è detto, appartiene al buon tempo passato ed era il piatto forte degli aliesi, anzi unico, perchè la carne oggi snobbata da molti e anticamente appetita, era il lusso della domenica. Tra i piatti poveri di quel tempo fatti di estro e di ingegnosità , c'era anche "u pitirri" che diffondeva un buon profumo nell' aria tersa e soprattutto saziava, rilassava e apportava un senso di benessere generale. Oggi che quasi tutti tifiamo per la cucina contadina, fatta di sapori campestri, vogliamo rivalutare "u pitirri", questa buona pietanza rustica, ricca di elementi nutritivi e saporita?

"U pitirri" si prepara con farina di ceci, acqua, sale, olio e può essere arricchito con cavoli o finocchietti se si vuole una sfumatura del gusto. Quando l'acqua nella pentola, anticamente nella "quarara" accenna ad un leggero fervore, vi si "calano" i cavoli o i finocchietti a pezzettini, aggiungendo sale e olio. La maestria della buona massaia consisteva nel dosare attentamente per non correre il rischio di avere una polenta o troppo dura o troppo tenera. Si versa a poco a poco la farina nell'acqua e con un cucchiaione di legno viene rimestata a lungo e continuamente in senso rotatorio, sollevando la massa dal fondo, finchè il miscuglio risulta ben cotto. Infine caldo, caldo, si versa nei piatti.

"U pitirri", il cui metodo di cottura evoca civiltà molto antiche, è pronto, con l'augurio che questa specialità nata dalle esigenze della miseria possa entrare tra le delizie della gastronomia italiana.


Lena Cook
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pubblicato in "La VOCE" di Alia, nr.2/05, pag.15

 

 

 

'A pasta 'ncaciata

 

 

Quasi ogni piatto della gastronomia aliese proviene dalla tradizione. Ha un suo inconfondibile sapore che ci trasporta con la memoria nella primavera della nostra vita, quando i nonni ci insegnavano ad amare e a distinguere i naturali, caratteristici profumi degli ortaggi e verdure di stagione, come l'odore del cavolfiore che costituisce uno dei componenti-base della pasta 'ncaciata all 'alisi.

Il broccolo, come è chiamato dalle nostre parti, è una varietà di cavolo con infiorescenza a forma di palla di colore verde o bianco, un vero dono della natura per le sue molteplici proprietà terapeutiche.

Il cavolfiore si presta in cucina a un variegato uso, e, insieme con altri ingredienti, alla preparazione della pasta 'ncaciata, gioiello della cucina locale, molto presente sulla mensa degli aliesi, quasi assente, purtroppo, nei menù dei ristoranti.

Questa favolosa e salutare pietanza attesta come sulla tavola degli aliesi siano d'obbligo la tradizione e il buon gusto.

Per preparare una squisita pasta 'ncaciata per sei persone, si procede nel seguente modo:

si lavano con cura un broccolo di circa un chilogrammo e 500 grammi di finocchietti selvatici che si lessano separatamente in acqua bollente salata.

Si sgocciolano e si conserva l'acqua di cottura dei finocchietti. Si rosola in olio di oliva il broccolo spezzettato, col trito di una cipolla, a cui si aggiungono quaranta grammi di pinoli e quaranta grammi di uva passa. Si rosolano nell'olio anche i finocchietti tritati finemente e vi si sciolgono quattro acciughe dissalate e diliscate. Si lessano i maccheroni nel liquido di cottura dei finocchietti. Si scolano bene e si rigirano in una scodella, dopo avere aggiunto della salsa di pomodoro già pronta, il broccolo, i finocchietti e il resto del condimento.

Si fa insaporire il tutto, mescolando accuratamente e delicatamente. Infine la pasta si trasferisce in una teglia oleata, si copre con abbondante mollica abbrustolita e si fa gratinare in forno a 200 gradi per circa mezzora.

A questo punto, la pasta 'ncaciata è pronta per essere servita. Ed ecco che comincia la festa per il palato nel magico regno di una provetta chef aliese. Attorno al tavolo imbandito con questa speciale, variopinta pietanza, si ritrovano i soliti vecchi amici a mescere sapore e sapere, perchè un buon piatto, si sa, facilita la comunicazione e la dialettica. Tutti sbocconcellano esaltando la bontà dei maccheroni che danno gioia alla tavola mentre fugit irreparabile tempu

Lena Cook

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pubblicato in "La VOCE" di Alia.


     
 
Edizione RodAlia - 15/03/2010
 
     
 
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