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retaggio delle genti.com. divulgazione culturale su particolari aspetti di località e di vissuta umanità. |
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MUSEO DEL TERRITORIO A ROCCAPALUMBA | ||||
Inaugurazione del “Museo del territorio” in Roccapalumba (prov. Palermo) Sono molto lieto di ritrovarmi a Roccapalumba per vivere una delle tante manifestazioni culturali che spesso vengono organizzate e alle quali partecipo ben volentieri; manifestazioni, la cui frequenza conferma che l’Amministrazione comunale è una di quelle che ha compreso l'importanza della Cultura, che si è resa conto della sua indispensabilità nel processo evolutivo per la formazione di una coscienza socio-politica. Perciò, nell’indirizzare all’Amministrazione espressioni di apprezzamento, rivolgo un cordiale saluto ed un grazie a tutti voi per la partecipazione, in particolare a coloro che sono venuti dai paesi vicini e da Palermo. Un caloroso saluto di benvenuto lo porgo al professore Mario Giacomarra, una figura che, certamente, qualifica 1’incontro. Benché la mia funzione sia di moderatore, prima di dare la parola agli Oratori, desidero formulare una premessa. 1 - Il cardinale Severino Poletti, al momento del suo insediamento a Torino, in una intervista dichiarò: “Sono nato in un’umile famiglia di agricoltori, dove ho imparato a conoscere e sperimentare uno stile di vita improntato alla semplicità, alla laboriosità e al sacrificio”. E il giornalista Enzo Biagi, commentando la beatificazione di Papa Giovanni XXIII scriveva sul “Corriere della Sera” del 30 agosto del corrente anno (2000): “Quest’uomo che la Provvidenza ha chiamato dalla nobiltà della campagna”, e riferiva che il Papa, sul tavolo di lavoro, teneva la fotografia dei fratelli ritratti sull’aia. Le due stupende affermazioni attestano, chiaramente, la grandezza del mondo agro-pastorale e della sua sfera di operatività, di cui fa parte il complesso museale degli utensili che fra poco, nel cuore di uno scenario agreste, andremo ad inaugurare, la cui visione ci deve portare al di là della materiale consistenza degli oggetti per cogliere il loro valore storico, artistico ed umano, e suscitare in noi sentimenti di ammirazione, di pietà, di rispetto e di indignazione. Ammirazione per la straordinaria capacità creativa dell'uomo: i reperti, infatti, sono il trionfo dell’intuizione e dell’intelligenza. Pietà per la sofferenza che questo lavoro ha procurato a miliardi di uomini da quando, alla vita nomade e agli espedienti di caccia, è succeduta la coltivazione dei campi; e proprio per i patimenti fisici che l’uomo ha provato, oserei definire gli utensili, freddi ed inermi, “brandelli di carne umana”. Rispetto, e non solo, venerazione, per i nostri antenati i quali, ancorché avversati dalle intemperie e dagli assalti violenti degli animali, sono riusciti a sopravvivere. Perciò, la loro rimembranza deve destare in noi tenerezza e religiosa devozione. Ultimo aspetto: il sentimento di indignazione. L’uomo, compreso quello di oggi, civilizzato, ha invertito i termini di alcuni valori, e, sebbene abbia contezza degli avvenimenti storici dell’umanità, continua a scompaginare il mondo, anche quello lavorativo, accentuando le distanze tra le classi lavoratrici e determinando una conflittualità che sfocia in indignazione; indignazione accentuata dal ricorso ad una dialettica “coercitiva" e cavillosa, e ad artificiosi affinamenti interpretativi, suffragati da aridi e sottili codicilli che, spesso, offendono e mortificano. 2 - Non mi sono mai stancato di dire che il passaggio da una società agricola a quella industriale, e l'avvento dei mass-media, ci hanno fatto ritenere che la nostra civiltà sia una cultura inferiore. Nulla di più falso. Non dobbiamo dimenticare che tutti proveniamo dalla civiltà contadina. Dobbiamo renderci conto che quell'umile mestiere, come tanti altri, per esempio “U’ conzalemmi o u’ paraccquaru”, (cioè, coloro che riparavano i piatti di terracotta e gli ombrelli), che alla luce di nuovi orizzonti sociali ci sembrano ridicoli, sono stati esercitati dai nostri avi, i quali, grazie ad essi, hanno potuto sopravvivere e creare la discendenza alla quale noi apparteniamo. E colui che rinnega la propria appartenenza sociale, manifesta plateale povertà intellettuale; non solo, ma non dare il dovuto riconoscimento alla frase “Ogni beni di la terra veni” (tutto quanto serve a soddisfare i bisogni dell’uomo proviene dalla terra) causa squilibrio socio-economico e incrina la moralità, atteso che nel mondo contadino si intrecciavano le credenze religiose, la gestualità,.il misterioso perpetuarsi della vita, animale e vegetale, e soprattutto, la trilogia Dio-creato-creatura che riconducono alla genesi e coinvolgono "in toto”, l'umanità. Ho ritenuto necessario formulare questa premessa, col proposito di predisporre l’animo alla meditazione nel momento in cui ci troveremo davanti agli oggetti, affinché, ripeto, possiamo vedere oltre l'apparente immagine del pezzo di legno o di metallo, e la visita non sia circoscritta ad una visione arida, àfona e senza senso. Ai giovani, poi, desidero dire che è legittimo stupirsi - come è accaduto a me in età avanzata - davanti ad un computer, ad un integrato o ad un microprocessore, tuttavia non possiamo ignorare la base storica che ha consentito la loro nascita .3 - Avviandomi alla conclusione, ritengo doveroso rivolgere un sentito grazie. a colui che ci dà la possibilità di meditare sul nostro vissuto per trarre motivi di apprezzamento dell’oggi e di fiducia nel domani. Ripeto fiducia, in quanto, se osserviamo soltanto il tempo attuale, l’avvenire ci fa paura; se, invece, partiamo da lontano, la paura si trasforma in fiducia. Merita un particolare ringraziamento, quindi, il professore Salvatore Filippo Oliveri, vostro concittadino, valente storico ed etno-antropologo, il quale si adopera per non disperdere la memoria storica in un contesto socio-economico e culturale in convulsa crescita. Il suo è stato un devoto gesto di amore per coloro che furono e per quelli che, con fatica e sopportazione continuano a svolgere il mestiere di contadino. Ha recuperato pezzi abbandonati, ne ha ricevuti in dono, ne ha acquistati, e nel 1988, nella qualità di presidente della locale Società di Storia Patria “F.R. Fazio”, allestì il Museo che ha retto per anni, facendolo conoscere alle altre realtà museali italiane ed estere (per esempio, quella Danese). Poi, ha dovuto chiudere, poiché talune strutture per avere continuità debbono essere sostenute dalle Istituzioni. Desidero sottolineare un pubblico riconoscimento al sindaco, professore Raffaele De Vincenzi, alla Giunta e al Consiglio, che nell'avocare le cure di un museo di così notevole importanza, per quantità e qualità di pezzi, hanno manifestato una sensibilità non comune ed una attenzione degna di rispetto in una Società che spesso distrugge, sopraffatta com’è dai rumori della modernità.. Aggiungo, e concludo, che con l’odierna iniziativa l’Amministrazione ha introdotto un altro presupposto per proiettare il piccolo centro sulla scena italiana ed europea, rendendo un reale servizio alla collettività. Infine, dò un motivo in più di riflessione, riferendovi la dichiarazione di un giornalista su due grandi personaggi che hanno “sconvolto” il Mondo, ciascuno nel proprio campo di azione: Kruscev e Papa Giovanni XXIII. Ecco la frase: “Nikita Kruscev e Papa Giovanni XXIII si compresero poiché provenivano entrambi dalla campagna”.
Nicolò Sangiorgio ____________________________________ Le foto: - in sala consiliare del Comune di Roccapalumba, 30 dicembre 2000, da sin.: Filippo Salvatore Oliveri, Nicolò Sangiorgio, Raffaele De Vincenzi, Mario Giacomarra, dottor Angelo Pioppo; - Reperti agricoli del Museo |
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Edizione RodAlia - 11/08/2010 |
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